Mentre si stringe l’assedio ai giornali senza padroni, tra leggi bavaglio, multe stratosferiche per i cronisti e persino la cancellazione della pubblicità legale, in quotidiani come Libero, diretto dall’ex portavoce della Meloni, Mario Sechi, se ne strafottono delle museruole alla stampa e vincono per distacco il Lecchino d’oro con la nomina della premier “uomo dell’anno”. C’è da capirli: pigliano i finanziamenti pubblici all’editoria e il loro editore, Antonio Angelucci, deputato della Lega, fa affari d’oro con le cliniche private convenzionate.
Già così ce n’è abbastanza per essere credibili quanto una moneta da tre euro, ma a loro piace strafare, e così nel santificare Giorgia nostra ieri si sono scordati di raccontare le gesta di casa Verdini, con padre e figlio indagati per una presunta corruzione sugli appalti Anas. Verdini padre, lo ricordiamo noi, è da sempre vicino ad Angelucci, e comunque a sentire il deputato di Azione Enrico Costa l’inchiesta è talmente secondaria da non meritare di essere chiarita in Parlamento, come chiedono le opposizioni visto che i Verdini inquisiti sono genero e cognato del ministro Salvini, e in una intercettazione c’è chi dice che il sottosegretario Freni si sarebbe messo a disposizione.
Roba che in un Paese normale viene giù il governo, ma che qui si derubrica allegramente. Tanto la premier è già passata sopra i casi e i conflitti d’interessi di Santanchè, Sgarbi, Durigon e Crosetto. E se questo è lo stile dell’uomo dell’anno, Sechi e Costa sono minimo minimo arbiter elegantiarum.