L'Editoriale

Non Conte-Rai

Un errore madornale il Movimento l’ha fatto quando si poteva riequilibrare la Rai e si è pensato ad altro, indicando per ruoli chiave chi ha dormito o si è fatto gli affari suoi.

Non Conte-Rai

La Stampa di ieri titolava: “Vergogna Rai, Fazio costretto all’addio”. Il direttore Giannini e la sua vice Cuzzocrea ne erano ospiti fissi e quindi si capisce. Su Repubblica, bello grande, Fazio è “Lo showmen odiato dalla Bestia di Salvini”. Per il direttore Molinari e altri colleghi dello stesso giornale il “Tempo che fa” è stato sempre bello, e dunque l’attacco alla Lega che festeggia la fine del programma è il minimo sindacale.

Felici come a Pasqua, invece, le testate di destra, che aspettano con ansia di occupare pure questo spazio sulla tv pubblica. Chi per un motivo, chi per un altro, insomma, tutti attaccano o difendono una Rai che si riposiziona politicamente, concependo come un fatto naturale che prima c’era la lottizzazione di un colore e adesso si continua cambiando tinta.

Punto di partenza per tutto questo è stato ieri il voto del Cda sul nuovo amministratore delegato indicato dalla Meloni, sul quale il rappresentante dei Cinque Stelle, Alessandro Di Majo, si è astenuto, confortato da quanto gli ha suggerito lo stesso leader Conte in un’intervista poco prima. “Se fossi al suo posto – ha detto il leader del Movimento – sospenderei il giudizio in attesa di capire meglio i nuovi orientamenti”.

Ma cosa c’è da capire? Che i 5S siano stati massacrati prima e continueranno ad esserlo è pacifico. Che Vespa ospiti Zelensky invitando solo giornalisti sdraiati sull’invio delle armi è sotto gli occhi di tutti. Che le poche testate anti-sistema siano oscurate è inoppugnabile, e fa ridere che si possa considerare un successo la conferma di Report (che si conferma da sé) o qualche strapuntino il sabato pomeriggio.

Così, mentre Conte riflette, solo il Pd vota contro e torna ad essere l’opposizione di riferimento, mentre su tutti i giornali, compreso il Fatto quotidiano, si parla di asse giallo-nero, cioè di una trattativa tra M5S e Fratelli d’Italia per le nomine. Un errore madornale il Movimento l’ha fatto quando si poteva riequilibrare la Rai e si è pensato ad altro, indicando per ruoli chiave chi ha dormito o si è fatto gli affari suoi.

In tre anni di direzione di tale Carboni al Tg1, per dire, La Notizia che non è certamente né di destra né di sinistra, non è mai stata invitata una sola volta, mentre da Sallusti (Libero) a Polito (Corriere della Sera), da Minzolini (Giornale) a Sorgi (La Stampa), e l’elenco qui sarebbe lunghissimo, le firme di altre testate letteralmente dilagavano.

Poi, di fronte ai continui schiaffi ad una narrazione non faziosa della realtà, e in molti casi direttamente ai 5 Stelle, proprio Conte ne combinò un’altra, annunciando lo sciopero dal video di tutti i suoi parlamentari, che però saltò dopo tre giorni. E ora, con l’inspiegabile astensione di ieri, il Movimento passa per un partito dell’inciucio, che dice di volere i partiti fuori dalla Rai e poi si accorda con i nuovi lottizzatori, per di più senza ottenere nulla o quasi in cambio. E intanto sulle reti Mediaset e sui giornali li bombardano. Titoli di coda. Fine.