L’apparente garbo istituzionale per cui Luigi Di Maio ha ritenuto di informare il Presidente della Repubblica sui nomi dei ministri di un ipotetico Governo M5S in realtà è l’ennesima prova di un imbarbarimento della politica arrivato alla guerriglia in piazza di questi giorni.
Poiché non bisogna essere fini costituzionalisti per sapere che i ministri vanno proposti al Capo dello Stato solo dopo aver ricevuto l’incarico di formare l’Esecutivo, è perciò evidente che la passeggiata al Colle è stata un tentativo di strumentalizzare a fini elettorali persino la prima carica dello Stato.
È un fatto grave? Sì, ma purtroppo non più di tanti gesti sconsiderati messi in atto dai partiti da anni.
Il Quirinale, che la Costituzione aveva provato a mettere al riparo dallo scontro politico, assegnandogli un prezioso ruolo super partes e di garanzia, in pochi casi è stato risparmiato da attacchi non solo politici.
Leone costretto a dimettersi per un finto strascico dello scandalo Lockheed, Cossiga, ma ancora di più Scalfaro e soprattutto Napolitano sono stati bombardati anche per via di scelte risultate non sempre neutrali.
Per questo il compito che molto probabilmente toccherà a Sergio Mattarella dopo le prossime elezioni è durissimo.
Se è vero che l’uomo, schivo e rigorosamente notarile, è fortunatamente il migliore arbitro che ci potesse capitare nell’attuale situazione, è anche vero che la nostra politica ha perso rispetto per tutto, compresa una Presidenza della Repubblica senza la quale non solo Juncker vede guai seri per la governabilità del Paese.