L'Editoriale

Pochi applausi per Mario

Standing ovation per il premier. Ma viste le abitudini col potere del Meeting di Rimini Draghi meritava di più

Pochi applausi per Mario

Se fossi Mario Draghi mi preoccuperei: la valanga di applausi che ha preso ieri al Meeting di Rimini, cioè il tempio della bava per il potere, era la stessa toccata il giorno prima alla Meloni. Ora è chiaro che il premier resta una carta da giocare se le destre vinceranno le elezioni e tempo sei mesi ci riporteranno a un passo dal default visto nel 2011, ma a meno di un risultato che paralizzi il Parlamento già il 26 settembre toccherà a un governo politico mettere mani ai problemi degli italiani, a cominciare dal costo del gas arrivato proprio ieri a 300 euro al megawattora. Dunque gli applausi di ieri erano più simili a quelli che si fanno alla chiusura di un sipario, facendo finta di aver gradito lo spettacolo, giusto perché l’attore può tornare in una nuova scena. D’altra parte i ciellini sono abituati ad essere di bocca buona con chi conta, distribuendo in oltre quarant’anni della loro festa standing ovation da Andreotti a D’Alema, dal condannato Formigoni agli altrettanto Galan e Cuffaro, da Berlusconi a Monti, a prescindere da chi abbia fatto meglio nel mettere in ginocchio il Paese. La stessa scia di Mario nostro, che in un anno e mezzo a Palazzo Chigi ha concluso poco e niente, al di là delle frottole che raccontano le televisioni e i giornali controllati da chi sguazza nello stesso sistema di potere. Le riforme approvate sono in gran parte scatole vuote; il Pil del 6,6% nel 2021 è quello maturato con la gestione di Conte, mentre quest’anno se va bene sarà della metà; le rate del Pnrr effettivamente incassate sono quelle concordate dal precedente governo con Bruxelles. Solo il costo della vita e dell’energia sono schizzati senza che si siano trovate adeguate compensazioni, la proposta di un tetto dei prezzi europeo è stata rinviata (con buona pace di chi blaterava di Supermario erede della Mekel), il Superbonus 110% è stato messo in crisi e il barile si è raschiato sempre dalla stessa parte: quella di chi ha poco e niente. Un bilancio che viste le abitudini del Meeting meritava almeno qualche decina di applausi in più.