L'Editoriale

Su poveri e Reddito di cittadinanza bufale a volontà

Per l'Ocse il Reddito di cittadinanza è stato fondamentale per la coesione sociale nel nostro Paese, soprattutto durante la pandemia.

Su poveri e Reddito di cittadinanza bufale a volontà

Chi ha letto La Notizia di lunedì scorso non può non aver notato il grande titolo con cui è stile della casa aprire il giornale: “Altro che metadone. L’Ocse rifila il Maalox a chi vuole abolire il Reddito di cittadinanza”. Seguiva un ampio articolo in cui si dava conto del Rapporto pubblicato dall’organizzazione economica che ha sede a Parigi, concludendo che la misura di contrasto alla povertà è stata importantissima per la coesione sociale nel nostro Paese, soprattutto durante la fase più acuta della pandemia.

Se qualcuno avesse visto anche gli altri quotidiani, con l’eccezione di un pezzo nelle pagine interne del Fatto, avrebbe però dedotto che non capiamo niente, perché dal Corriere della Sera in giù tutti hanno titolato e sostenuto che l’Ocse bocciava il Reddito di cittadinanza, chiedendo per di più di ridurre il sussidio. Benzina sul fuoco del dibattito grottesco di questi giorni, strillato da parlamentari con quindicimila euro al mese, prenditori milionari e giornali dei padroni, tutti pronti a giurare che questo strumento è una ciofeca.

Al punto che ieri Repubblica ci ha aperto la prima pagina, informandoci che Draghi cambierà tutto. Ora, cos’ha in mente il premier non si sa – seppure il 6 agosto scorso si era espresso pubblicamente a favore del Reddito di cittadinanza – ma sappiamo che la presunta bocciatura dell’Ocse riportata da tutti i giornali è una bufala: dopo aver letto i lanci sbagliati di alcune agenzie le testate non hanno approfondito un piffero, perché tanto la stroncatura era quello che speravano.

Ora, al di là dell’imbarazzante convergenza tra una politica sorda al dramma di milioni di poveri e la richiesta pressante di tanti sedicenti imprenditori per dirottare nelle loro tasche gli aiuti economici, far funzionare meglio i sussidi è una necessità. Per riuscirci si possono senz’altro aumentare i controlli, però oltre due anni di sperimentazione hanno provato che unire politiche attive del lavoro (1) e assistenza (2) crea comunque difficoltà. D’altra parte, nel 2019 le componenti 1 e 2 furono fuse per dare risposte urgenti a un Paese messo in ginocchio dai governi precedenti, sia di destra che di sinistra, che avevano aumentato a dismisura la precarietà.

Ma ora l’esperienza acquisita suggerisce di dividere le misure 1 e 2, affidando ai Centri per l’impiego chi è assistito in attesa di un lavoro (circa un terzo degli attuali percettori del Reddito di cittadinanza) e lasciando sganciata l’assistenza, che è un riconoscimento di dignità per tutte quelle persone senza entrate economiche, verso cui un Paese davvero civile non può far finta di niente. Persone che non si arricchiscono con due soldi per mangiare, e che non impoveriscono uno Stato che di milioni può risparmiarne quanti ne vuole solo smettendo di buttarli in sprechi e ruberie.