Come prevedevo, e per questo non ci sono andato, Massimo Giletti ha risposto all’accusa che gli ho fatto di aiutare la mafia (qui il video) infilandomi in un processo sommario in tv con cui ha ingannato gli ascoltatori, perché l’argomento centrale della trasmissione precedente e l’accusa che gli ho fatto era e RESTA chiaramente riferita alle sue continue trasmissioni sul caso Di Matteo-Bonafede, divisive delle istituzioni e quindi utili a chi combatte lo Stato. Così sul banco degli imputati ha messo me, rappresentando quasi come inconfessabili e occulti i miei rapporti con Buzzi e Alemanno, e dimostrando in tal modo che – come gli ho già detto – io e lui siamo di ben altra pasta, altro che colleghi!
Infatti, con lo scoop di un’unica telefonata con Buzzi, di dominio pubblico da anni e agli atti altrettanto pubblici del processo Mafia Capitale, Giletti dimostra solo che svolgendo il mio lavoro di cronista cercavo le PROVE di reati, e per farlo parlavo con le fonti dirette, come DEVE fare qualunque giornalista serio. Buzzi, all’epoca ritenuto un comune imprenditore, mi era stato segnalato da una mia fonte più che affidabile, cioè un viceprefetto (purtroppo Giletti ne ha mandato in onda il nome) perché in grado di provare che una giudice del Tar lo aveva escluso illecitamente da un grosso appalto per farlo vincere a una ditta del marito.
La telefonata come si sente chiaramente si conclude con la promessa di Buzzi di richiamarmi nel pomeriggio per fornirmi le prove, ma questa seconda telefonata non è arrivata mai, e alla luce delle visure e dei riscontri presso altre fonti non ho dato affatto seguito alla sua aspettativa di fare uscire alcun articolo. Tant’è vero che sempre agli atti del processo Mafia Capitale (una sintesi è accessibile facilmente digitando “Pedullà Buzzi” su Google) è depositata l’insoddisfazione dello stesso Buzzi nei miei confronti e la decisione di contattare altri giornali.
Rispetto infine ai miei rapporti con Alemanno, in qualità di direttore (all’epoca) di una delle più importanti televisioni di Roma, era ovvio che lo sentissi e lo intervistassi abitualmente per conoscere i fatti della città. La notizia è talmente segreta che è pubblicata anche in un suo libro di cui ho firmato la prefazione. Da tale frequentazione scaturì una breve vacanza dove ci ritrovammo con altre persone, e della quale ho parlato anche nella stessa tv di Giletti e in molte altre occasioni, contribuendo a spingere la Procura di Roma a disporre la rogatoria internazionale sull’ipotesi poi rivelatasi falsa del trasferimento all’estero di denaro frutto di tangenti. Dunque, se con la sua trasmissione Giletti pensava di scalfire la mia serietà e correttezza professionale, a mio avviso l’ha confermata, riducendo ancora una volta di più la sua.