L'Editoriale

Primo maggio: c’è poco da festeggiare

Primo maggio: c’è poco da festeggiare

Se si guardano le file alla Caritas sembra incredibile, ma in Italia non c’è mai stata tanta liquidità monetaria. Le grandi rendite hanno subito danni limitati dalla pandemia, mentre chi dispone di entrate fisse ha aumentato la capacità di accumulo, in quanto negozi, ristoranti e alberghi chiusi non hanno dato modo di spendere.

Così le banche scoppiano di denaro, che tra l’altro la Banca centrale europea concede praticamente a tasso zero e illimitatamente. Denaro indispensabile per mantenere in sicurezza il sistema finanziario, ma che bloccato nei depositi è utile come i gelati al Polo Nord. La povertà infatti sta dilagando e nemmeno chi ha uno stipendio dorme tranquillo, come ha fatto sapere ieri Bankitalia, secondo cui il 44% delle famiglie italiane andrebbe in fallimento se restasse senza reddito per soli tre mesi.

Dunque metà del Paese si muove su un filo, e chi farnetica di soppressione del Reddito di cittadinanza vuole scherzare. Al contrario oggi la priorità è aiutare una fascia larghissima della popolazione a superare questa che si spera essere la fase più dura della crisi, e poi riattivare il ciclo economico con il Recovery Fund, perseguendo un’idea di redistribuzione delle risorse che riduca la distanza tra i garantiti col posto fisso e i non garantiti (artigiani, piccoli imprenditori, professionisti) più colpiti dalla stagione del Covid.

In questo quadro oggi celebriamo il Primo Maggio, una festa del lavoro che cade mentre non si parla più di riduzione del cuneo fiscale o di salario minimo, addirittura sparito dai radar. Ma così che c’è da festeggiare?