L'Editoriale

Sul salario minimo Meloni e Pd pari sono

Salario minimo, Giorgia Meloni e Partito democratico pari sono. L'editoriale del direttore Gaetano Pedullà

Se pensate tutto il male possibile della Meloni che boccia il salario minimo definendolo uno specchietto per le allodole (invece che una pacchia per gli sfruttatori) non avete sentito la risposta ipocrita del Pd, secondo cui smetterla con le paghe da fame è una questione di dignità. Belle parole che però sono una presa in giro visto il muro alzato proprio dai dem sin dall’inizio della legislatura. Già all’epoca, infatti, i 5 Stelle presentarono una proposta di legge (la prima firma era della senatrice Catalfo), platealmente avversata dai dem.

In quel periodo il Movimento governava con la Lega e via del Nazareno era ancora controllata da Renzi (troppo amico delle destre e degli imprenditori contrari ad ogni aumento). Così il Pd presentò una sua proposta, dove l’unica differenza sostanziale era qualche centesimo, con l’effetto di bloccare tutto. Un gioco di ostruzione che continuò col Governo giallorosso e con Draghi.

Anche quest’ultimo prese impegni perentori a favore della legge, ma poi si mise alla finestra delegando ogni decisione all’autonomia contrattuale di Confindustria (contraria) e sindacati (Cgil contro, Cisl prima contraria e poi boh, e Uil a favore). Chi ha un po’ di memoria, d’altronde, ricorderà cosa disse il presidente degli industriali, Bonomi, il 12 luglio scorso: “Il salario minimo scassa i contratti”, per non dire che “scassa” qualche altra cosa. Così oltre quattro milioni di lavoratori campano tutt’oggi con circa quattro euro l’ora. Una vergogna che non merita pure la beffa di certi finti paladini dell’equità sociale.

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