L'Editoriale

Scemi di guerra

La domanda è semplice: ora che il Parlamento europeo ha dato a Putin del terrorista, la pace in Ucraina è più vicina o più lontana?

La domanda è semplice: ora che il Parlamento europeo ha dato a Putin del terrorista, la pace in Ucraina è più vicina o più lontana? Provate a immaginarlo nel suo bunker. Starà tremando dalla paura? Oppure avrà un argomento in più per continuare la guerra?

Ecco, basterebbe rispondere a questo per capire che stiamo sbagliando tutto, allungando un conflitto di cui la Russia è interamente responsabile, ma da cui si esce solo riallacciando i fili e non tagliando i ponti. Purtroppo, le bombe fanno comodo a tanti, a chi le fabbrica e a chi ne trae immensi benefici geopolitici ed economici: pensate a quanta competitività hanno perso le imprese europee strangolate dal costo del gas rispetto a quelle americane e cinesi.

Ma a gettare benzina sul fuoco siamo anche noi stessi europei, incapaci di smarcarci dalla rete di potere di chi ha tutto da guadagnare dalla guerra. Una sorta di suicidio collettivo al quale ieri a Bruxelles sono sfuggiti solo pochi eurodeputati italiani, tra cui tutti i Cinque Stelle, che si sono astenuti.

Adesso questi signori si beccheranno ingiustamente la patente di putiniani, perché la vulgata mainstream è che la guerra finirà solo quando Mosca dichiarerà la sconfitta totale. Nulla di più falso e allo stesso tempo irrealizzabile.

La guerra finirà quando costringeremo i due contendenti a trattare, minacciando di togliere le armi a Zelensky e promettendo la revoca delle sanzioni a Putin. Tutto il resto non fa altro che avvelenare i pozzi e allungare un Calvario in cui anche a noi italiani tocca portare la croce.