È nelle ore in cui gli studenti tedeschi marciano in più di sessanta città contro la riforma della leva che si misura la profondità della frattura europea. «Non vogliamo diventare carne da cannone!» è il coro che attraversa Berlino mentre il Bundestag approva una legge che obbliga tutti i maschi nati nel 2008 a rispondere ai formulari militari dal 2026 e a presentarsi alla visita di leva dal 2027. L’obiettivo è portare la Bundeswehr fino a circa 260mila soldati entro il 2035, con altri 200mila riservisti pronti all’attivazione. Non è amministrazione: è un destino immaginato per una generazione.
Intanto, a Torino, l’industria della difesa festeggia la sua edizione “dei record”: oltre tremila partecipanti, più di ottocento aziende, trecento buyer. Tra caccia in scala reale, droni per l’addestramento e componenti per missili, i rappresentanti del settore spiegano che la domanda “cresce rapidamente” e che i conflitti aperti stanno accelerando gli affari. Fuori, gli attivisti incatenati ai cancelli ricordano che la filiera militare prospera sempre quando il mondo brucia.
In Italia, il ministro della Difesa Guido Crosetto ripete che vanno aumentate le forze armate e che serve una parte kombat sempre più ampia. Nello stesso discorso evoca la necessità di nuove missioni all’estero, di riserve civili integrate, di meccanismi di reclutamento più flessibili. La prospettiva è chiara: costruire un Paese che considera il ricorso alla forza una normalità operativa, un requisito strutturale.
È questo l’orizzonte in cui l’Europa continua a muoversi: dichiara di volere la pace mentre rialza la leva, ingrassa l’industria militare, organizza la gioventù come un database da cui attingere in tempi di crisi. Non c’è discussione pubblica, solo la retorica dell’“inevitabile”, che trasforma ogni passo verso la militarizzazione in un obbligo morale.
Eppure, nelle piazze tedesche, una generazione sta mostrando di aver capito prima degli adulti. Rifiuta la logica del sacrificio come condizione d’ingresso nella cittadinanza. Si sottrae al ruolo di combustibile. E indica l’unica verità che l’Europa si ostina a non vedere: giocare con il fuoco resta il modo più sicuro per bruciarsi.