Non servono più nemmeno le parole. Ormai ci pensa direttamente la realtà dei numeri a spazzare via la nebbia della propaganda. Basta mettere in fila i fatti che, in poche ore, hanno ridotto a carta straccia gli appunti sui quali, negli ultimi tre anni, Giorgia Meloni ha scritto il suo personale libro dei sogni.
Comincia l’Istat certificando che nel secondo trimestre del 2025 l’economia italiana è in flessione. Il Pil è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e aumentato appena dello 0,4% in termini tendenziali. Una crescita da prefisso telefonico, nonostante la spinta dei miliardi del Pnrr che si esaurirà nel 2026. E con i dazi al 15% imposti dagli Usa, che il nostro governo giudica sostenibili, il peggio deve ancora arrivare. Perfino lo spread, magnificato dal governo come l’indicatore per eccellenza dell’ottimo stato di salute della nostra economia, è tra i più alti di tutti i Paesi Ue.
Dopo la produzione, anche il fatturato industriale, come ci informa sempre l’Istat, continua la sua inesorabile picchiata perdendo un altro 2,2% a maggio. E mentre Meloni & C. continuano a celebrare successi siderali sul versante dell’occupazione, volano le ore di Cassa integrazione: lo scorso giugno sono state 46,034 milioni, il 6,9% in più rispetto al mese precedente (43,1 milioni di ore) e addirittura il 30,4% in più se rapportate allo stesso mese del 2024 (35,3 milioni di ore).
Intanto il debito pubblico italiano balla pericolosamente sulla soglia dei tremila miliardi di euro, dettaglio che non ha impedito al governo di chiedere a Bruxelles l’attivazione di 14 miliardi di euro di prestiti (altro debito) del fondo Safe nell’ambito del programma RearmEu voluto da Ursula von der Leyen bypassando il voto del Parlamento europeo. Il tutto dopo il via libera, senza battere ciglio, all’incremento della spesa militare in ambito Nato al 5% del Pil (circa 100 miliardi l’anno entro il 2035) preteso dagli Usa del presunto alleato di Giorgia, Donald Trump. Un quadro disastroso che il governo continua a fingere di non vedere o, nella migliore della ipotesi, a minimizzare. Di questo passo, se tutto va bene, siamo rovinati.