L'Editoriale

Servizietto pubblico

Se c’è una schifezza del governo Draghi di cui non frega niente al sottoscritto e al giornale che state leggendo, questa è la spartizione delle poltrone in Rai.

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Servizietto pubblico

Se c’è una schifezza del governo Draghi di cui non frega niente al sottoscritto e al giornale che state leggendo, questa è la spartizione delle poltrone in Rai (leggi l’articolo). Il motivo è semplice. In nove anni che esiste La Notizia mai una volta un nostro giornalista è stato invitato al Tg1 o in talk show come Porta a Porta. Sul terzo canale, dove andavo spesso a Linea Notte, dall’arrivo di Orfeo alla direzione non sono stato mai più chiamato.

E la nostra testata, un tempo inserita in mezzo alle altre, è sparita dalle rassegne stampa. Ovviamente sono consapevole che La Notizia ha posizioni indigeribili per un certo sistema, e rifiutandoci di leccare a destra o a sinistra, siamo stati marginalizzati, per non dire censurati, da un’azienda che non si capisce per quale motivo chiamiamo ancora servizio pubblico.

D’altra parte, proprio ieri scrivevo che aveva dell’incredibile la nomina dell’ex presidente Rai, Maggioni, alla direzione del Tg1, per il circolo di potere che la sostiene e per gli ascolti da monoscopio del programma che conduce. O la promozione di Orfeo a un’altra direzione dopo aver letto nelle carte del processo Open che era considerato un riferimento per l’immagine di Renzi. Ma il merito e l’onorabilità a Viale Mazzini cosa volete che contino?

Quello che state seguendo è un quotidiano che campa senza aiuti pubblici, con una comunità di lettori affezionati, e libero da editori impuri o dai partiti. Un caso pressoché unico in un settore dove chiusure e licenziamenti (a spese dello Stato) sono la regola. Eppure per alcune testate e i loro giornalisti, in Rai c’è il tappeto rosso. Con casi paradossali, come le ospitate da Vespa del direttore del giornale di De Benedetti – Domani – prima ancora dell’avvio delle pubblicazioni, mentre noi con tanta strada alle spalle dobbiamo fare pippa.

È il prezzo da pagare se si dice a Vespa – come facciamo noi – che prende un compenso superiore al tetto fissato nelle aziende pubbliche. Perciò voci come la nostra sono da occultare, e i nuovi vertici imposti dall’Ad Fuortes, d’intesa solo con Draghi, anziché essere una garanzia di pluralismo sono la garanzia che il solito sistema di potere non darà più spazio a nient’altro che non gli sia funzionale.