L'Editoriale

Stipendi Rai, deroga disgustosa

Spettacolo disgustoso sugli stipendi Rai. La legge sul tetto ai compensi applicata a tutte le latitudini tranne che nel libero Stato di Viale Mazzini

A fare il direttore generale della Rai così come ha iniziato Mario Orfeo sono bravi tutti. La tv pubblica esempio del cambiamento renziano del Paese sta diventando invece l’emblema della rottamazione fallita. E ora c’è pure la prova che il manager arrivato dalla Leopolda, Antonio Campo Dall’Orto, non è stato silurato per la storia degli stipendi degli artisti e giornalisti rimasti sopra il tetto dei 240mila euro, come previsto dalla legge. Una volta cacciato, infatti, gli stipendi d’oro non sono stati più un problema. E il nuovo Dg ha ottenuto la deroga a una norma approvata dal Parlamento evidentemente senza sapere che si sarebbe applicata a tutte le latitudini tranne che nel libero Stato di Viale Mazzini. Così la Rai manda in onda uno spettacolo disgustoso, strapagando una quarantina di presentatori e autori, in qualche caso persino pensionati, che fuori dalla tv pubblica rischierebbero persino di eclissarsi. Con un messaggio devastante: quella del cambiamento è una favoletta giusto per i grulli. Chi conta, e spesso ci fa pure la morale, come Bruno Vespa che per salvare l’assegno si è proclamato artista e non giornalista, se ne frega pure della legge.