L'Editoriale

Su Gaza non c’è mai fine al peggio

Su Gaza non c’è mai fine al peggio

Operazione simpatia del ministro delle Finanze israeliano, Bazalel Smotrich, che fiutato l’affare non sta più nella pelle. Alla fine della cosiddetta guerra, quella con un esercito da una parte e civili disarmati dall’altra, la Striscia di Gaza sarà “una miniera d’oro immobiliare”. Come se non bastasse il senso di disgusto e riprovazione che l’assedio della Palestina sta seminando nelle opinioni pubbliche di tutto il mondo, il sobrio (e degno) sodale del ricercato internazionale Netanyahu rivela che sarebbero già stati “avviati negoziati con gli americani” per come dividere i territori occupati.

L’uomo dei conti del governo israeliano già si frega le mani: data “l’abbondanza immobiliare”, c’è da scommettere che la ricostruzione “si paghi da sola”. Urrà! Chissà se nel totale ha considerato anche il costo umano degli oltre 60mila morti e più di un milione di sfollati. “Abbiamo investito molti soldi in questa guerra. Dobbiamo vedere come distribuiremo il terreno in percentuale”, ha affermato Smotrich. Del resto, “la demolizione”, con sterminio annesso, cioè “la prima fase del rinnovamento della città, l’abbiamo già fatta”.

Ora si tratta di ricostruire. “Il business plan” per Gaza è già sulla scrivania del presidente americano Donald Trump che “sta verificano come questa situazione”, una volta rimosse le macerie e i corpi sepolti sotto di esse, “diventerà una manna dal cielo immobiliare”. Nello stesso giorno, la Commissione Ue, che ha impiegato quasi due anni per accorgersi della gravità della situazione a Gaza, ha messo a punto un pacchetto di sanzioni – si fa per dire – contro Israele. Che già nelle premesse è un capolavoro di equilibrismo.

“L’operazione a Gaza City rappresenta un’escalation della guerra (guerra?, ndr) – ha spiegato l’alto rappresentante Ue Kaja Kallas -. Oggi presentiamo un robusto pacchetto di sanzioni: l’obiettivo non è punire Israele (non sia mai, ndr), ma migliorare la situazione a Gaza”. Niente per fermare gli insediamenti illegali in Cisgiordania né l’export di armi dall’Europa verso Israele. Non so voi, ma io vado a vomitare. Prima di ricominciare, come europeo, a vergognarmi un altro po’.