L'Editoriale

Su una rete di falsità non c’è Stato. La fake news sullo smalto della naufraga Josefa

Lo smalto di Josefa può coprire le dita logorate dalle ore trascorse in mare, aggrappata a un relitto che per una volta lascia libero un posto nell’imperdonabile fossa comune del Mediterraneo. Ma non nasconderà mai la vergogna di chi su quelle morti specula, guadagna e inganna il mondo. La vicenda, apparentement minima, è invece emblematica di questa epoca mai così tanto ricca di informazioni e parallelamente di notizie manipolate. Un utente posta sulla rete una foto della naufraga salvata dall’organizzazione non governativa Open Arms, al centro di polemiche con le autorità italiane e per questo diventata una bandiera dell’opposizione politica al nostro Governo.
Nell’immagine la donna ha lo smalto alle unghie e questo fa sorgere dubbi sul fatto che sia stata tante ore in mare. Per tanti è la pistola fumante che inchioda le Ong e il loro reality su un dramma che non c’è. La foto però è successiva al salvataggio e lo smalto è statao messo a Josefa per distrarla e aiutarla a superare il trauma. Una storia che ha fatto subito il giro dei social network, rafforzando le tifoserie dei complottisti e dei buonisti, a mala pena rallentata dal chiarimento dei fatti, diventati ininfluenti per gli ultrà delle due parti. La prova che avere una quantità sterminata di informazioni e immagini da poter condividere senza verifica, non è il paradiso della verità, ma l’inferno del possibile inganno. Un mondo tutt’altro che migliore, su cui costruire le istituzioni democratiche non sembra proprio una grande idea.