Due pesi e due misure. Il trattamento riservato al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, indagato ma senza che nessuno sapesse in Mafia Capitale, non è esattamente lo stesso riservato all’ex sindaco Gianni Alemanno, gettato sin dal primo momento nel tritacarne mediatico, salvo poi vedersi chiedere il ritiro dell’accusa di mafia da parte della stessa Procura. Alla faccia della legge uguale per tutti, la privacy di Zingaretti vale più di quella di Alemanno. Privacy riservata anche all’assessore Paola Muraro. Premesso che essere indagati non vuol dire aver commesso un reato, a nessuno sfugge che far circolare o meno queste informazioni significa salvare o chiudere la carriera di chi fa politica. Un concetto sin troppo evidente e che una giustizia imparziale non può sottovalutare. La soluzione può essere aprire il registro degli indagati a tutti, a partire dai giornalisti? Il rispetto del diritto alla riservatezza di ogni cittadino fa davvero a pugni con questa soluzione, anche per chi fa politica. Sta poi ai partiti chiedere se i propri esponenti sono indagati o no. E ai cittadini di conseguenza premiare o no i partiti che chiedono chiarezza.
L'Editoriale