Anche se la data è decisa, non è facile prevedere come andrà a finire il voto in Senato sulla legge contro l’omotransfobia. Il fronte che sostiene questa importante avanzata sul fronte dei diritti – M5S, Pd e Leu – non si è fatto intimidire da una destra mai tanto oscurantista, e meno che meno dai giochetti di Renzi, una volta sedicente rottamatore e adesso invece disposto ad ogni compromesso con Salvini & Company, con l’alibi che “meglio (annacquare il testo) piuttosto che niente (riforma)”.
In effetti i numeri per approvare il testo del ddl Zan sono stretti, e dopo la presa di posizione del Vaticano è possibile che qualche senatore si defili. Ma è qui che si vede la politica, con la capacità dei partiti di andare fino in fondo nelle battaglie in cui credono, a costo di perdere, pur di non farci restare tra quei pochi Paesi dove si può infierire contro la diversità di genere.
Se Iv o i renziani del Pd – che alla Camera hanno votato il ddl Zan – adesso faranno retromarcia, magari facendo le prove generali di accordi con le destre ancora più incestuosi in vista dell’elezione per il Colle, si assumeranno la responsabilità di questo tradimento dei loro elettori, purtroppo scippati del voto che diedero al Pd prima che Renzi se ne portasse via un pezzo per farsi il suo feudo personale.
E pazienza se la propaganda conservatrice tenterà di demonizzare fino all’ultimo questa legge, mentre avrebbe da interrogarsi su quanto faccia male girarsi dall’altra parte quando ci sono tantissime persone – non importa di che orientamento sessuale – che chiedono solo più tutele.