L'Editoriale

Tra Gaza e Kiev la destra litiga sui vaccini

La vicenda Nitag non è un incidente estivo, è un promemoria: discutere di vaccini come tifoserie significa legittimare le bolle complottiste.

Tra Gaza e Kiev la destra litiga sui vaccini

Ferragosto è il paravento. Fuori, Gaza conta i morti e l’Ucraina è nell’ennesimo tornante della guerra. Dentro, il governo trova il tempo per azzuffarsi sui vaccini come in un’aula scolastica. La sequenza è istruttiva: il 6 agosto il ministro Schillaci nomina 22 membri del Nitag, tra cui due figure contestate per posizioni anti-vaccinali; il 16 agosto, travolto dalle proteste scientifiche e politiche, revoca tutto. Dieci giorni per certificare l’improvvisazione. 

Poi arriva il rimbalzo di responsabilità. Salvini accusa: «Pessimo segnale», «prima nomina poi si auto-azzera». Lollobrigida attacca la «scienza dominante». Palazzo Chigi fa filtrare irritazione. È la destra di governo che litiga con se stessa mentre rivendica “ordine” al Paese. Fotografia nitida dello spessore politico: si preferisce la rissa ideologica alla gestione silenziosa di una materia che richiede rigore, continuità, trasparenza. 

Nel merito, il danno è doppio. Si mortifica il lavoro della sanità pubblica, esponendo la politica vaccinale a ondate di propaganda, e si trasmette l’idea che l’evidenza scientifica sia negoziabile a seconda dell’umore del giorno. Lo dicono anche pezzi della stessa maggioranza, da Gasparri a Ronzulli, costretti a sostenere la retromarcia del ministro per arginare l’ennesima figuraccia. Un governo che deve smentire se stesso in quattro comunicati ha un problema di metodo prima ancora che di contenuti. 

La vicenda Nitag non è un incidente estivo: è un promemoria. In un Paese provato da crisi sociali e sanitarie, discutere di vaccini come tifoserie avverse significa legittimare le bolle complottiste e svuotare la responsabilità istituzionale. Mentre il mondo brucia, qui si gioca ai soldatini con la salute pubblica. E quando si spalanca la porta della scuola, i bambini crescono; il governo, invece, resta fermo al cortile.