L'Editoriale

Trattiamo con chi ci dà solo calci

Trump infligge dazi al 30% all'Unione europea e il governo Meloni si limita a nascondersi dietro l’ombrello europeo.

Trattiamo con chi ci dà solo calci

Donald Trump, nella sua versione da campagna elettorale permanente, ha annunciato dazi ai Paesi Ue fino al 30% sui prodotti europei, con la solita retorica da banditore: “Siamo stati derubati per decenni” e “questa situazione non è più sostenibile”. Ma non si tratta di dazi: è estorsione politica, una pistola commerciale sul tavolo per piegare l’Europa a servire gli interessi americani. E l’Europa? Fa quello che le riesce meglio: rimanda, balbetta, invoca unità e promette una trattativa “a testa alta” mentre si piega lentamente.

Antonio Tajani, con il cappello da mediatore, dice che l’Europa deve negoziare ma senza cedere. Salvo poi rinviare qualsiasi contromisura ad agosto, forse aspettando che i mercati o le ferie facciano evaporare il problema. Frattanto, regioni come Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna lanciano l’allarme: decine di migliaia di posti a rischio, interi comparti (dal vino ai dispositivi medici) sotto minaccia diretta. Gli industriali parlano di “impatto reale al 40%” e il Parmigiano s’impenna a 60 euro al chilo.

E l’Italia? Il governo Meloni si nasconde dietro l’ombrello europeo e intanto invia Lollobrigida a dire che “con gli Usa non è un incontro di pugilato”, mentre la sua posizione reale è quella del pesce in barile. Nessuna strategia, nessuna linea, solo un appiattimento: per qualcuno è diplomazia, per altri è servilismo.

Trump detta le condizioni e l’Europa si muove come uno studente impreparato in vista dell’esame. La Commissione annuncia l’identificazione di controdazi per 72 miliardi, ma sembra più un promemoria interno che un atto politico. Si rischia una guerra commerciale, dicono. Ma qui la guerra è già cominciata. Solo che da una parte sparano, dall’altra si aspetta agosto.

Eppure, le occasioni per mostrare schiena dritta ci sarebbero. La web tax è ancora un miraggio, i rapporti con la Cina sono ridotti a una battaglia di slogan e la tanto evocata “autonomia strategica” europea rimane chiusa nei cassetti di Bruxelles. Si chiama sudditanza, non diplomazia. E a pagare sono sempre le stesse: le imprese, i lavoratori, i consumatori.