L'Editoriale

Un Paese in eterna campagna elettorale che si fa male da sé

Che popolo meraviglioso che sono gli americani. Con le armi a scuola, un presidente che cambia ministri più velocemente dei calzini, l’alimentazione di largo consumo più dannosa del mondo, se però gli minacciano l’interesse nazionale si scordano di essere bianchi e neri, democratici e repubblicani, e fanno quadrato sconfiggendo qualunque nemico. Per noi italiani, ancora incapaci di andare oltre le manifestazioni di piazza tra fascisti e comunisti, gli States sono lontanissimi. Ci sarà un motivo, però, per cui gli Usa dominano il pianeta mentre a noi può metterci al muro un euroburocrate qualunque. La nostra conflittualità, il non saper fare squadra e sentici in perenne campagna elettorale, ci rendono deboli quando non ridicoli con chi questo Paese se lo sta mangiando a fette. Esattamente quello che è appena accaduto in Europa, dove il nostro ministro dell’Economia e Finanze Pier Carlo Padoan ha dato una risposta da finto ingenuo ai colleghi dell’Unione che gli chiedevano se c’è da stare tranquilli sui destini di Roma. “Chi lo sa”, ha detto il nostro responsabile dei conti pubblici, in linea di principio non dicendo neppure una grossa balla. All’atto pratico però Padoan ha enormemente alzato la sensazione di incertezza sul nostro Paese, innescando una possibile bomba sui mercati, e in ultima istanza dimostrando di non aver compreso che le elezioni sono finite e adesso prima di tutto viene solo l’interesse dello Stato.

Di fronte a chi ci giudica e può darci o toglierci flessibilità sui parametri del debito e del deficit, non possono esserci politica, partiti, interessi minuscoli di consorteria. Lo stesso Padoan che in passato ha fatto salti mortali per dimostrare proprio in Europa l’indimostrabile, in questa circostanza poteva dare cento risposte migliori, senza offrire a Di Maio la comprensibile obiezione che qui c’è chi sta avvelenando i pozzi. Questa antica strategia militare, che rende durissima la vita al nemico che arriva nelle postazioni da cui si deve scappare, dà perfettamente l’idea di come l’attuale politica considera l’Italia: un territorio da occupare, dove la battaglia di un partito contro un altro è più importante del bene del Paese. Un atteggiamento che ci penalizza da decenni, e che è alle fondamenta dell’antipolitica.
In questa situazione oggi abbiamo un Presidente della Repubblica che da giorni sta richiamando al senso di responsabilità di tutti, a cominciare dai partiti che devono obbligatoriamente mettersi d’accordo, a meno di non voler tornare subito a votare. Ma a quale responsabilità si appelli Mattarella è difficile capire se persino un politico moderato come Padoan, in passato sempre travestito da tecnico (amico di D’Alema) pur di sganciare la bomba su Lega e Cinque Stelle ci ha fatto oggettivamente un danno gigantesco. Mettendo più di una pulce nell’orecchio dei mercati che non vedono l’ora di tornare a speculare e far soldi a spese di un’Italia da sempre già di suo facile preda. Il nostro enorme debito pubblico ci espone infatti alle tensioni delle piazze finanziarie e anche una sola parola fuori posto può costare miliardi di euro. Rischi che nessuno conosce meglio di Padoan, e per questo l’uscita di ieri del ministro è imperdonabile. Per quanto purtroppo probabilmente profetica sul caos che ci aspetta.