Se una volta la politica era sangue e merda (copyright Rino Formica) oggi si è ridotta a calcolo e basso compromesso, con il risultato di appassionare sempre meno e dimostrarsi inconcludente. Quello che è accaduto per il Lazio è l’emblema di questo scadimento. Al Centrosinistra che ha candidato alla presidenza della Regione l’uscente Nicola Zingaretti e ai Cinque Stelle che corrono con Roberta Lombardi, i partiti del Centrodestra rispondono con un’operazione di Palazzo. Piuttosto che appoggiare l’unica forza emergente dal territorio, sostenendo la candidatura del sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi – uomo di destra molto rispettato nella sua area politica – si manda allo sbaraglio Stefano Parisi, manager nato a Roma ma di fatto milanese, completamente scollegato dai territori che vanno al voto. Parisi, sconfitto due anni fa a Milano, sa bene di non avere speranze ma ha accettato perché in cambio Berlusconi, Salvini e la Meloni gli hanno dato un seggio blindato ciascuno, permettendogli così di andare in Parlamento insieme a due sue “nominati”. Cosa c’entra tutto questo con le esigenze del Lazio e la ricostruzione di un Centrodestra locale evaporato negli ultimi anni, è un mistero. Gli elettori non sono scemi e c’è da giurarci che risponderanno a tono. Molto probabilmente il voto di destra continuerà a restare in libera uscita verso i Cinque Stelle, al netto del giudizio sul primo anno di governo della Raggi. Di sicuro comunque Berlusconi & C. nel Lazio partono già con una pessima figura.
L'Editoriale
Una destra suicida nel Lazio
Quello che è accaduto per il Lazio è l’emblema dello scadimento della politica