Quante gliene abbiamo dette ad Angela Merkel? E siamo sinceri: quanto avevamo ragione nel criticarla anche aspramente? Il rigore nella spesa pubblica che passando da Bruxelles ci ha imposto per anni ha demolito il senso stesso di quell’Europa solidale alla quale c’eravamo affidati. Oggi anche la Germania ne piange le conseguenze, e questo non ci consola nemmeno un po’, perché rallentando la locomotiva tedesca rallenta anche la nostra economia. Ben consapevoli che Berlino fa prima di tutto i suoi interessi, e solo per questo non frenerà la nuova Commissione di Ursula von der Leyen nel concedere agli Stati più flessibilità sul deficit, dobbiamo però ammettere che stavolta la cancelliera sta facendo la cosa giusta.
Il piano di investimenti straordinario per la riconversione industriale del suo Paese, ricorrendo anche a nuove tasse pur di abbattere drasticamente le emissioni inquinanti, è quella cura da cavallo che servirebbe pure a noi. Mentre una parte irresponsabile e culturalmente arretrata della nostra politica (soprattutto nel Centrodestra) non sa fare di meglio che ironizzare su fenomeni come Greta Thumberg, arrivando a negare l’evidenza dei cambiamenti climatici, per fortuna ci sono leader che sentono gli allarmi della scienza, e ci provano a guardare oltre l’orizzonte del loro mandato elettorale, perlomeno mettendo una pezza ai disastri ambientali che tutti insieme abbiamo prodotto per sostenere il nostro modello di benessere.
Perciò il piano tedesco da cento miliardi di euro entro il 2030 può essere l’occasione per armonizzare almeno una cosa nel nostro continente: un’azione ambiziosa e con le necessarie risorse finanziarie per salvare un pianeta che sta diventando sempre meno sostenibile. In Italia questo è uno dei driver del nuovo governo giallorosso, che al momento non trova nemmeno le coperture per il decreto legge ambientale del ministro Costa. Noccioline di fronte alla montagna di soldi messi sul piatto da Berlino.