Non solo un Pd ai minimi storici e così tramortito da non riuscire a darsi una nuova leadership. Nell’eredità del renzismo c’è il tracollo della Sinistra a ogni latitudine della società italiana, come dimostra anche il tracollo al Csm di quelle che una volta si sarebbero chiamate toghe rosse. La stragrande vittoria di un magistrato definito giustizialista come Piercamillo Davigo è il segno di una esigenza non più rinviabile di nuovi e radicali punti di riferimento. Un principio che vale uguale per Loredana Miccichè, l’altro eletto tra i giudici di Cassazione, sostenuta dalla componente di destra. Viviamo in un Paese che non ne può più di minuetti da Prima Repubblica, e il cambiamento ingoia il mondo antico con una velocità (e una voracità) difficilissima da governare. Una sfida che 5 Stelle e Lega stanno portando avanti con l’apparente incoscienza dei rischi a cui vanno incontro. Al centro di tutto ci sono le riforme, non poche e complicate, mai affrontate in un Paese cresciuto nel consociativismo. Per questo la resistenza sarà fortissima, dall’esterno e dai mercati, ma anche dall’interno. Un muro che già si cerca di alzare tra due forze politiche che non hanno altro destino: rifondare l’Italia o liquefarsi persino più velocemente di quanto non sia successo con il grande potere di Renzi Si può correre questo pericolo per le nomine di sottogoverno o per qualche dettaglio sfuggito nel contratto tra Di Maio e Salvini? La risposta delle urne –dopo quelle di tutti noi cittadini adesso anche dei magistrati – è sempre la stessa: l’Italia non ha più paura di cambiare.
L'Editoriale