Il sottosegretario alla Giustizia Morrone (Lega) ieri sera ha chiarito: quando si è augurato che la magistratura si liberi delle correnti, e soprattutto di quelle della Sinistra, non voleva dire quello che ha detto. Al ministro Bonafede la giustificazione è bastata e dunque tutto bene madama la marchesa! La luna di miele tra politica e magistratura non è stata interrotta dalla Cassazione che ordina sequestri in ogni dove per il partito di Salvini, figuriamoci se può finire per un pensiero uscito di senno, seppure da un componente del Governo. Se però liberiamo il campo dalle convenienze del momento, non possiamo disconoscere che Morrone ha toccato, seppure in un contesto sbagliato, un nervo scoperto. Lo scontro antico tra parte della magistratura e politica è un fatto ormai accertato, possiamo dire storico, per il quale nessuno ha mai risposto in una sede parlamentare o giudiziaria. Il pregiudizio che c’è nei partiti ogni qualvolta parta l’inchiesta di una Procura è speculare alla presunzione espressa dall’ala più giustizialista delle toghe, secondo cui non si è tutti innocenti fino a prova contraria, bensì tutti colpevoli fino a prova contraria. Un corto circuito che impedisce ai poteri legislativo e giudiziario di cooperare lealmente, bloccando le riforme necessarie alla Giustizia. L’apertura di credito fatta da rilevanti esponenti delle toghe verso il Governo fa ben sperare nel superamento di questi ostacoli. Il gol però si fa togliendo ogni ipocrisia, e non aggiungendone altra con dichiarazioni come quella di Morrone fatte forzosamente rimangiare, ma non certo digerire.
L'Editoriale