Più si allunga la guerra in Ucraina più riusciamo a dividerci su tutto, dalla comunità internazionale al senso stesso di parole chiare come pace e resistenza. Tra i paesi dell’Occidente la frattura si è allargata domenica scorsa con la conferma di Macron all’Eliseo.
Non a caso Putin è stato tra i primi a congratularsi. La Francia, in asse con la Germania, si è disallineata dal fronte a guida americana che vuole risolvere la faccenda con armi a Kiev e sanzioni, e poi ancora sanzioni e armi a Kiev. Un fronte in cui resta inchiodata l’Italia di Draghi, nonostante non serva essere esperti militari o delle maratona Mentana per capire che nessuno vincerà mai questa guerra.
Mosca non può occupare militarmente tutta l’Ucraina e Zelensky non può ricacciare i russi nei loro confini. Dunque non c’è alternativa a trattare con tutti, compreso il Cremlino, che per quanto si dica indisponibile a negoziare ha invece un’enorme necessità di uscire dal conflitto, a patto di non perdere la faccia oltre ai tantissimi soldati sacrificati, all’enorme arsenale distrutto e all’impoverimento di tutta la nazione (il Fondo monetario internazionale stima -8% del Pil 2022, cioè all’incirca il crollo della ricchezza che abbiamo registrato qui in Italia nell’anno del lockdown).
Così come non troviamo l’unità sulla risposta almeno dell’Europa alla guerra, allo stesso modo ci dividiamo su princìpi cardine del nostro essere comunità, e ieri la festa del 25 Aprile non è stata risparmiata, facendo il gioco delle destre che ne contestano da sempre il valore. Il nuovo spartiacque è la confusione tra concetti diversi come la pace – che è un ideale universale – e la resistenza, che di fronte a un oppressore armato ha poche alternative alla legittima difesa.
Pace e resistenza per preservare la democrazia sono due caposaldi del nostro Patto sociale, ma se li si mette in competizione in uno stesso contesto, quasi a misurarne quale dei due conta di più, il risultato è che li si quantifica e così li si rende finiti. E noi abbiamo bisogno di finire la guerra, non la pace o la riconoscenza verso chi ci ha resi liberi dal regime nazifascista.