L'Editoriale

Una truffa spacciata per riforma

Una truffa spacciata per riforma

Fateci caso: qualunque cosa annunci, Giorgia Meloni la definisce storica. Così ieri la sua riscrittura della Costituzione è diventata “la madre di tutte le riforme”, nonostante ci sia già la fila dei più prestigiosi insegnanti universitari che la demoliscono. In sintesi, si tratta di una truffa che mette insieme i fiaschi di Berlusconi (2006) e Renzi (2018) assegnando un premio di maggioranza monstre al partito del premier, e marginalizzando il ruolo del Quirinale. Per risalire all’ultimo capo di governo con gli stessi poteri bisogna andare a quando c’era Lui.

E poi quelli di Fratelli d’Italia si incaz… se gli dicono che son fascisti. In ogni caso, a scanso di equivoci, Giorgia nostra ha subito messo in chiaro che se si finirà col referendum – ed è lapalissiano che sarà così – lei non si dimetterà. Pensate un po’ quanto ci crede alla sua “riforma storica”. Con questa mossa, però, la premier ha spostato l’attenzione da altro, come la manovra che mette le mani in tasca agli italiani, la sua figuraccia internazionale al telefono con i comici russi, fino all’aumento di ieri della bolletta del gas, passato in cavalleria, tanto a pagare siamo noi.

Un’operazione di distrazione di massa a cui le opposizioni (M5S, Pd, Verdi/Sinistra e Azione) si sono subito sottratte, con un’unica eccezione che dovrebbe accendere una lampadina alla Meloni: Matteo Renzi. E visto com’è andato a finire il senatore di Rignano dopo la sua riforma rasa al suolo dagli italiani – dal 40% e la guida del governo al 2% e le consulenze a Bin Salman – qui di storico si profila solo un altro schiaffone.