Mentre a Bruxelles si susseguono allarmi misti a preoccupazione per le presunte interferenze della propaganda russa (e filorussa), stupisce come la cura proposta dalle istituzioni europee si risolva di fatto nella somministrazioneall’opinione pubblica della propaganda, ma di segno opposto. Dopo gli accorati appelli a spendere – in fretta e il più possibile – rivolti da Ursula von der Leyen e dalla sua vice Kaja Kallas agli Stati Ue, l’ultimo in ordine di tempo a sollecitare la corsa al riarmo contro la fantomatica minaccia russa – nessuno è stato finora in grado di spiegare perché Putin dovrebbe invadere l’Europa – è il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa.
“Il soft power da solo non è sufficiente in un mondo dove l’hard power prevale troppo spesso”, arringa le masse lo statista portoghese. Che tanto per gradire, prova a gettare altra benzina sul fuoco su un negoziato di pace già in salita che, tra ultimatum a Mosca e ipotesi di truppe da inviare in difesa di Kiev, i leader europei non perdono occasione di sabotare: “I percorsi di adesione dei Balcani occidentali, della Moldavia e dell’Ucraina non sono solo promesse, sono priorità – aggiunge Costa -. L’allargamento non sarà facile. Ma ne varrà la pena”. Intanto si finge di non vedere come il combinato disposto delle sanzioni Ue alla Russia e la stangata indiana voluta da Trump, con dazi al 50% imposti a New Delhi, si sia rivelato un clamoroso boomerang. Fallito l’obiettivo di isolare Mosca, anche il tentativo Usa di punire l’India per gli acquisti di gas russo si è rivelato controproducente.
Al summit della Shanghai Cooperation Organisation a Tianjin, in Cina, il primo ministro indiano Narendra Modi e il presidente cinese Xi Jinping hanno aperto la strada ad una nuova partnership, favorita proprio dai dazi statunitensi, che dopo sette anni di forti tensioni porterà alla firma di intese commerciali. Allo stesso tempo, in un bilaterale tra Xi e Vladimir Putin, Mosca e Pechino ha riaffermato la cooperazione “senza limiti” tra Russia e Cina. L’ennesimo capolavoro delle politiche autolesioniste dell’Unione europea e di aggressione (commerciale) degli Usa. Neppure Tafazzi sarebbe riuscito a fare di peggio.