Quando il mondo prende le strade peggiori, dovremmo sempre tenere a mente che nulla è più forte della volontà di ogni singolo uomo. E per questo tutti noi, anche di fronte a eventi apparentemente lontani, possiamo fare molto, e comunque molto più che semplicemente vergognarci per la guerra aperta da Erdogan contro i curdi al confine con la Siria. Ce l’impone il senso di umanità prima ancora che la riconoscenza verso un popolo che ha combattuto quasi a mani nude l’Isis, impegnando su quei territori un terrorismo che diversamente sarebbe venuto a far danni in Europa. E ce l’impone anche la logica, perché la mossa di Ankara rimetterà in gioco il califfato e la sua fabbrica di morte. Il sultano turco ha argomenti convincenti per frenare l’Onu e soprattutto l’Europa, minacciando di farci arrivare milioni di migranti. Ma se per non trovarci questi profughi in casa consentiamo il ritorno del terrorismo non avremo fatto comunque un buon affare. Dunque va spinto il nostro Governo, e con esso l’Europa e il mondo, a non sottomettersi al ricatto di Erdogan, costringendolo a fermare una guerra che ha solo lo scopo di rafforzare il suo potere interno, peraltro ormai assediato dalle opposizioni e destinato a finire. Non si può essere inerti spettatori di un genocidio, perché in certi casi restare a guardare significa essere complici. Il nostro Paese, con la forza e quel po’ di autorevolezza che abbiamo, è qui che può dimostrare di essere cosa diversa rispetto a quelle cancellerie che di fronte a un tale crimine si voltano dall’altro lato.
L'Editoriale