Se i conti dei nostri medici sono esatti, non meravigliamoci mai più in caso di file lunghissime per una visita in ospedale o per chi muore in attesa al pronto soccorso. Per effetto della nuova manovra finanziaria, dove le destre avevano promesso che giammai avrebbero messo le mani in tasca agli italiani, gli ospedalieri in servizio prima del 1996, quando si passò al sistema pensionistico contributivo, vedranno evaporare una bella fetta dei contributi versati fino a quell’epoca, con un taglio tra il 5 e il 25% dell’assegno per ciascun anno.
Un furto dalla dubbia sostenibilità in caso di ricorso in tribunale, ma che dice tutto sulla coerenza di questo governo rispetto alla sanità pubblica: un presidio da smantellare. Il processo in realtà è in atto da tempo, e con l’eccezione dei governi Conte tutti hanno cannibalizzato gli stanziamenti per la salute. Il Covid avrebbe dovuto insegnarci qualcosa, ma la sudditanza delle destre rispetto alla sanità privata prevale sui tutto. Sempre di più, quindi, chi ha denaro o un’assicurazione si potrà curare, mentre per gli altri non è gratis nemmeno il cimitero.
Così si accelera su un destino che appare irreversibile, anche perché tra vent’anni noi italiani saremo sei o sette milioni in meno, e a quel punto se anche restassimo in costanza di spesa pubblica il sistema salterebbe comunque. C’è bisogno perciò di aumentare, e non di diminuire gli investimenti nella salute, uno dei caposaldi del nostro welfare. Ma alle destre che vogliono stravolgere persino la Costituzione, figuriamoci se gli frega del welfare.