Bruciati Renzi e Berlusconi

di Luca La Mantia

Se il web fosse il termometro elettorale italiano la partita per le europee potrebbe considerarsi chiusa: Beppe Grillo le vincerebbe in un batter di palpebre. Il leader del Movimento 5 Stelle, che ha posto internet al centro del suo personale impegno politico, viene incoronato dalla rete come il capo partito più popolare e seguito. Dai social media al livello di engagement del suo blog il giudizio è univoco: nessuno riesce a stargli dietro. Nemmeno Matteo Renzi e Silvio Berlusconi che pure ce l’hanno messo tutta per piacere al bizzarro popolo degli internauti.
Partiamo dai social network, crocevia del dibattito pubblico 2.0. Su Facebook la popolarità di Grillo è ben rappresentata dai quasi due milioni di “like” ottenuti dalla sua pagina fan. Un bacino che supera di gran lunga quello di Renzi, medaglia d’argento di questa particolare classifica, il quale arriva a quasi settecentomila “mi piace”. Ultimo Silvio Berlusconi, seguito da poco più di seicentomila profili. Su Twitter si parla di follower e non di fan ma la musica non cambia: Grillo è sempre il più popolare. Il suo profilo raggiunge quasi un milione e mezzo di amici virtuali. Renzi sta messo un po’ meglio, i suoi follower sono poco più di un milione, mentre Berlusconi latita. La presenza dell’ex Cavaliere su Twitter non è affidata a un profilo ufficiale ma alla instancabile attività dei suoi volontari che hanno creato @berlusconi14. Scarso (per non dire triste) il risultato: appena seicentomila follower. Renzi in ripresa se prendiamo in considerazione gli hashtag. Quello collegato al suo nome (#renzi) è menzionato in circa cinquecento tweet l’ora. Lo segue #grillo con quasi quattrocento tweet inviati ogni ora. Ultimo, anche in questo caso, #berlusconi, citato poco più di cento volte ogni sessanta minuti.
Il successo politico del Movimento 5 Stelle risente inevitabilmente della capacità del suo leader di catalizzare su di sé le attenzioni dell’opinione pubblica. E non è un caso che non esista un profilo unico sui social media del M5S. Grillo accentra su di sé tutta l’attività del suo partito. Lo dimostra anche la doppia natura del blog beppegrillo.it, unico spazio virtuale istituzionale del M5S e, nel contempo, diretta emanazione del suo capo. Un sito in grado di generare una mole di contatti enorme e capace di raggiungere l’ottantaduesimo posto tra i portali più visitati in Italia, collocandosi anni luce avanti rispetto a partitodemocratico.it e forzaitalia.it e ai website personali di Renzi e Berlusconi, che non si attestano nemmeno nella top 2000.
La supremazia di Grillo in rete subisce , tuttavia, una lieve contrazione se prendiamo in considerazione il dato delle menzioni totali sul web dei tre leader. Secondo una recente indagine del socialpolitico.it, portale deputato all’analisi dell’attività su internet di politica e istituzioni, Matteo Renzi risulta essere il più citato su blog, forum e social network.
E’ difficile capire se il giudizio della rete possa davvero influire sulle scelte elettorali. Per farlo bisognerebbe avere un quadro completo sul sentiment generato da ogni post, tweet e commento. Di sicuro il linguaggio colorito usato da Grillo e i temi populisti cavalcati dal M5S sono alla base del successo online. Come lo è l’euroscetticismo di cui si fa portavoce. E forse non è un caso che anche in paesi come Francia e Spagna i partiti più critici nei confronti dell’Ue riscuotano ampio successo in rete. Ciò fornisce alla politica la lezione più importante: internet non è più un giochino, sottovalutarlo può essere pericoloso.

 

Vulcano Renzi, da Napoli cenere sui grillini
Il Premier: populisti senza programmi, non rispettano i morti di mafia

di Francesco Volpi

Se il messaggio doveva essere quello di “non rispondere alle provocazioni” Matteo Renzi ha predicato bene e razzolato male, anzi malissimo. Dal palco di piazza Sanità a Napoli il leader democrat tutto ha fatto meno che riporre le armi nei confronti di Beppe Grillo. L’ascia di guerra resta lì dov’è: pronta a colpire il rivale. Un rivale che Renzi si è guardato bene dal nominare durante il suo intervento, preferendo sottili e taglienti riferimenti. “C’è una politica in italia che insulta e parla di morte. Noi gli permettiamo di parlare di tutto, anche di Lupara Bianca” ha sottolineato, sprezzante, il segretario del Pd. Una chiara allusione all’ultima, caustica, battuta di Grillo nei suoi confronti (“Renzie è stato assunto a progetto per vincere le elezioni europee. Chi fallisce il progetto paga con la lupara bianca. Renzie stai all’occhio, anzi stai sereno”). Freddura che ha provocato la reazione sdegnata di Renzi: “Su queste cose non si scherza!” ha urlato alla piazza di Napoli. Già, la piazza, quel simbolo di lotta popolare di cui i due leader rivendicano da giorni il monopolio. Dopo l’hashtag #inpiazza lanciato dal Pd nei giorni scorsi Matteo è tornato sull’argomento: “Se qualcuno pensava, a Napoli come in Italia, che la piazza non fosse casa nostra ha avuto risposta da questa città”. La polemica con il M5S ha seguito i consueti canoni del lessico renziano: “noi” contro “loro”, “speranza” contro “distruzione”, “proposta” contro “insulto”. Immancabile la chiusura elettorale: “Da qui a domenica dobbiamo andare casa per casa a recuperare il consenso. O il Pd salva l’Italia o lasciamo l’italia a chi la vuole distruggere”. Una frase emblematica: Renzi i numeri del M5S li teme eccome. Tanto da spingerlo, in un passaggio dell’intervento, quasi a mettere le mani avanti: “dobbiamo decidere se queste elezioni sono un sondaggio per la politica italiana o un modo per dire all’Ue che è una vergogna che ci dica tutto sulla pesca del pesce spada e nulla su come non far morire i bambini migranti nei nostri mari”. E Berlusconi? I rapporti, in questi mesi, sono stati tutt’altro che nebulosi tra i due. Ma l’ex Cavaliere un pizzicotto ogni tanto al suo delfino lo deve pur dare, giusto per non sentirsi definitivamente sorpassato. Così ieri mattina a Mattino 5 l’ex premier ha definito una “mancia elettorale, anche fatta male” quei famigerati 80 euro in busta paga che Renzi ha promesso alla fasce più deboli dei lavoratori italiani. Per Matteo avventurarsi nella polemica con Silvio è sempre un terreno minato (troppi accordi politici in ballo) e infatti i toni sono stati diversi, più morbidi rispetto a quelli usati con Grillo. “Ottanta euro non sono soluzione ma nemmeno elemosina, sono l’inizio di un cambiamento reale –ha sottolineato orgoglioso Renzi- sono l’idea che paga chi non ha pagato e che prende soldi chi non li ha mai presi. E ai gufi diciamo: non ci fermiamo qui, l’anno prossimo faremo qualcosa per i pensionati”. Si è trattato di uno dei pochi passaggi in cui Renzi è andato oltre la polemica con il M5S, parlando -bontà sua- di cose concrete. Un occhio di riguardo il premier ce l’ha avuto per il Mezzogiorno e con tanta Napoli in piazza non poteva essere altrimenti: “Non c’è futuro Italia senza sud. Nel 1861 in questo territorio c’erano più aziende che nel resto d’Italia. I politici hanno perso delle occasioni perché glielo abbiamo e glielo avete permesso”. Poi, finalmente, un passaggio sull’Europa e su quei 180 miliardi di fondi sui quali Renzi ha lanciato un monito alle regioni: “o li spendono loro o li spendiamo noi”. Sui risultati ottenuti dal suo primo governo, specie in materia economica, il segretario Pd è stato tutt’altro che avaro: “se Elettrolux resta in Italia il merito è nostro. Mercoledì firmiamo accordo con un gruppo internazionale che investirà un miliardo nel nostro paese e giovedì con un altro che investirà due”. Altro tema caro a Renzi è quello della scuola su cui il presidente del Consiglio ha fatto proclami dal palco di Napoli: “Sono stato in una scuola di Secondigliano che da due anni ha la palestra e il teatro chiusi. Abbiamo soldi per riaprirli. Da lì passa il futuro dei nostri figli”. Un tema sicuramente caro ai partenopei. Meno piacevole è stata, invece, l’immagine offerta da Napoli durante la finale di Coppa Italia dello scorso 3 maggio, con i fischi all’inno nazionale. Renzi ha cercato di rimarginare la ferita invitando la piazza a intonare l’inno di Mameli a chiusura del suo intervento. Quasi un momento di unità al termine di un comizio di fuoco.