Dopo aver superato indenne la mozione di sfiducia delle destre, Michele Emiliano è stato sentito dalla commissione Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, per discutere del terremoto giudiziario scoppiato in Puglia. Durante l’audizione fiume, il governatore ha risposto a tutte le domande senza risparmiarsi. Da Palazzo San Macuto, il presidente della Regione ha esordito sottolineando: “Sulla Puglia non è in corso alcuna indagine. Vi prego di raccontare che il presidente della Regione Puglia non è indagato, così come il Comune di Bari, perché ho l’impressione che, purtroppo, i fatti e alcune dichiarazioni di deputati abbiano creato confusione”.
Michele Emiliano in commissione Antimafia spiega il caos in Puglia, sottolineando di non essere indagato
Lo stesso poi ha rivolto un appello ai presenti affinché chiedano “ai deputati di non mettermi in paragone con vicende dolorosissime che non hanno niente a che vedere con me”, facendo riferimento alla vicenda della Liguria, per la quale è stato arrestato per corruzione il governatore di centrodestra, Giovanni Toti.
Fatte queste premesse, il governatore ha iniziato il racconto partendo dalla sua carriera in magistratura e fino alla decisione di candidarsi per combattere le mafie. Una carriera politica iniziata come sindaco di Bari nel 2004, città in cui Emiliano avrebbe ottenuto notevoli risultati: “Dal 2007 abbiamo reso obbligatoria la costituzione di parte civile del Comune nei processi contro la mafia. In 20 anni, abbiamo assegnato al Comune 140 immobili confiscati alla mafia. In una delle case confiscate ai Capriati, in piazza San Pietro a Bari Vecchia, ora c’è un’associazione”.
Poi la replica alle destre: “Paragonato a vicende dolorose a cui sono estraneo”
Il riferimento ai Capriati non è casuale, poiché, tra i motivi della convocazione in Aula, vi sono le polemiche scaturite da alcune frasi pronunciate da Emiliano in un incontro pubblico riguardo un suo presunto incontro con la sorella del boss Antonio Capriati. Sul punto Emiliano ha spiegato: “L’incontro menzionato aveva lo scopo di mostrare che l’aria era cambiata, che dovevano comportarsi bene perché le regole non le facevano più loro, mai per chiedere protezione come qualcuno sostiene in maniera strumentale”.
Poi ha precisato che “chi non ha mai vissuto situazioni del genere non si rende conto che ci sono momenti in cui si deve andare alla Procura a presentare denuncia e momenti in cui l’autorità sei tu e non puoi delegarla ad altri. Il fatto che riguardava Decaro non era una notizia di reato e quindi non ho ritenuto necessario fare denuncia ma ho affrontato la questione come ho già spiegato”. Emiliano ha poi espresso rammarico perché “la mia frase è stata fraintesa da chi non ha mai vissuto in quel contesto. È lì che ho sbagliato, perché ho dato modo di dire: Emiliano con i pantaloni in mano è andato a chiedere protezione alla sorella del boss per Decaro”.
La versione di Emiliano sul caso Pisicchio
Subito dopo, Emiliano ha discusso anche dei messaggi con cui, la mattina del 10 aprile, aveva chiesto di dimettersi all’ex assessore della Regione Puglia, Alfonsino Pisicchio, ossia poche ore prima che lo stesso venisse arrestato. Circostanza per la quale il governatore ha assicurato di non aver “adottato condotte meno che trasparenti. I messaggi di cui parla la stampa sono stati acquisiti dalla procura, è una domanda a cui può rispondere il procuratore che avete già sentito. Non ho niente da aggiungere al mio comunicato stampa dell’11 aprile”.
L’immancabile polemica
Insomma un’audizione chiarificatrice in cui, però, non sono mancate le polemiche. Infatti, ancor prima di iniziare l’intervento di Emiliano in Aula, ad infuocare l’aria ci ha pensato Mauro D’Attis, deputato Fi e vicepresidente della Commissione Antimafia, dichiarando: “Penso che assisteremo alla decima versione sull’incontro con i parenti del boss e poi immagino ci dirà che degli arresti lo ha saputo perché glielo ha detto un uccellino”.
E ancora: “Il fatto che un presidente ammetta di essere andato a casa di parenti del boss penso sia grave” ed “è evidente che i fatti di Toti sono da accertare. Se saranno gravi è giusto che la giustizia faccia il suo corso”. Parole che non sono andate giù ai deputati pugliesi del Pd, Ubaldo Pagano, Marco Lacarra e Claudio Stefanazzi, secondo cui: “D’Attis, ancor prima dell’inizio dell’audizione di Michele Emiliano, ci ricorda con una battuta all’entrata della Commissione, l’unico motivo per cui il Presidente della Regione Puglia è stato convocato oggi: il pregiudizio e il sentimento di vendetta nei suoi confronti”.