Dall’ergastolo ostativo ai Rems. Siluro della Consulta alla politica. Altra bordata al Parlamento sulle strutture psichiatriche. Dopo quelle sul fine vita e il carcere ai giornalisti

Altra bordata della Consulta al Parlamento sulle strutture psichiatriche. Dopo quelle sul fine vita e il carcere ai giornalisti.

Dall’ergastolo ostativo ai Rems. Siluro della Consulta alla politica. Altra bordata al Parlamento sulle strutture psichiatriche. Dopo quelle sul fine vita e il carcere ai giornalisti

Così come sono organizzate le Rems non vanno bene. Le strutture che hanno preso il posto dei vecchi ospedali psichiatrici giudiziari non tutelano né i malati né le vittime. Ne è convinta la Corte Costituzionale che ha chiesto al Parlamento di varare con urgenza una legge in materia. Per l’ennesima volta, davanti alle Camere ridotte ad avallare i provvedimenti del Governo e incapaci di esercitare quello che è il loro potere, la Consulta, presieduta da Giancarlo Coraggio (nella foto), è così costretta ad alzare la voce e a cercare di mettere una toppa alle voragini normative lasciate da Montecitorio e Palazzo Madama.

IL CASO. La Corte Costituzionale ha stabilito che il sistema delle Rems ha “gravi problemi di funzionamento”. Sono troppo poche e i posti troppo limitati rispetto alle reali necessità. Tanto che vi sono 750 persone, molte della quali responsabili di gravi reati, in lista d’attesa per un tempo medio pari a 10 mesi. Per i giudici costituzionali tale sistema finisce dunque per non tutelare nessuno, né “il diritto alla salute del malato”, il quale non riceve “i trattamenti necessari per aiutarlo a superare la propria patologia e a reinserirsi gradualmente nella società”, né “i diritti fondamentali delle potenziali vittime di aggressioni”, che il soggetto affetto da patologie psichiche potrebbe nuovamente realizzare.

Al legislatore viene chiesta una riforma, considerando che l’applicazione concreta della norme sulle Rems presenta “numerosi profili di frizione con i principi costituzionali”. A sollecitare l’intervento della Consulta un giudice di Tivoli, che dubitava della legittimità costituzionale della disciplina sulle Rems, che affida ai sistemi sanitari regionali una competenza esclusiva nella gestione delle misure di sicurezza privative della libertà personale disposte dal giudice penale. Quello sulle Rems non è però l’unico appello lanciato di recente dalla Corte Costituzionale al Parlamento inerte.

I PRECEDENTI. La Consulta ha sollecitato un intervento contro il carcere ancora previsto per i giornalisti condannati per diffamazione a mezzo stampa. “Resta attuale la necessità di un complessivo intervento del legislatore – ha sottolineato la Corte Costituzionale – in grado di assicurare un più adeguato bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e tutela della reputazione individuale”. Stesso appello per quanto riguarda l’ergastolo ostativo, con le Camere (leggi l’articolo) che dopo lunghe discussioni ancora non riescono a trovare una soluzione affinché vengano garantiti i diritti fondamentali anche ai mafiosi che non si pentono e allo stesso tempo venga tutelato il Paese dai clan. E sos al Parlamento sulla tormentata vicenda del fine pena mai, che ha costretto i giudici costituzionali anche a supplire in qualche modo al vuoto normativo.

Per tutta risposta però deputati e parlamentari continuano a limitarsi a convertire in legge i decreti del Governo, riducendo Montecitorio e Palazzo Madama a scatole vuote. Le discussioni sono in questa legislatura lunghe quanto inutili. Alla fine qualsiasi cosa dispone Palazzo Chigi viene approvata. Sul resto i lavori vanno avanti stancamente nelle Commissioni, tra decine di audizioni di esperti, ma le divisioni tra le diverse forze politiche, a partire da quelle di maggioranza non portano poi ad alcuna legge che sia destinata a incidere significatamente sulla vita degli italiani. La Consulta continua a lanciare appelli al Parlamento dove gli onorevoli sembrano continuare a restare completamente sordi.