Esce di scena Conte, arriva Draghi. I poteri forti brindano. Da Renzi spettacolo penoso. Il Colle mette fine al teatrino

Esce di scena Conte, arriva Draghi. I poteri forti brindano. Da Renzi spettacolo penoso. Il Colle mette fine al teatrino

Tramonta definitivamente l’ipotesi del Conte ter. Questa mattina Mario Draghi è atteso al Quirinale. “Avverto il dovere di rivolgere alle forze politiche un appello per un governo di alto profilo per far fronte con tempestività alle gravi emergenze in corso”, dice il capo dello Stato, Sergio Mattarella, dopo aver spiegato che la strada delle elezioni subito è impraticabile per la crisi sanitaria, sociale, economico-finanziaria in atto. Prima di lui il presidente della Camera Roberto Fico aveva certificato l’esito negativo del suo tentativo di verificare l’esistenza della maggioranza che aveva sostenuto il governo precedente.

“Abbiamo ascoltato le sagge parole del presidente della Repubblica Mattarella: ancora una volta ci riconosciamo nella sua guida. E agiremo di conseguenza”, commenta Matteo Renzi, che da tempo aveva come obiettivo un esecutivo con l’ex presidente della Bce. “Se Draghi era l’obiettivo di Renzi perché questa sceneggiata?”, chiede il vicesegretario dem Andrea Orlando. Anche il confronto ai tavoli di Montecitorio nei fatti sono stati un esercizio di stile, nulla di più. Che è servito solo a cristallizzare, forse in maniera pretestuosa da parte di Iv, le divergenze tra gli ex alleati. A indisporre i renziani non sono state ad ogni modo le distanze su Mes, legge elettorale, lavoro, giustizia, fisco, scuola.

Ma la trattativa parallela a quella sul programma: la questione della squadra di governo. Alla fine a far saltare il banco sono state proprio quelle poltrone che Matteo Renzi sdegnava e dichiarava di non volere. “Bonafede, Mes, scuola, Arcuri, vaccini, Alta Velocità, Anpal, reddito di cittadinanza. Su questo abbiamo registrato la rottura, non su altro. Prendiamo atto dei niet dei colleghi della ex maggioranza”, scrive l’ex Rottamatore prima che Fico salga al Colle certificando la rottura. “Da parte di Renzi sul tavolo c’era solo la questione delle poltrone”, dichiara in una nota il M5S.

“Oltre a chiederle, il senatore di Rignano voleva decidere anche per conto delle altre forze politiche. Inoltre il M5S non ha posto alcun veto. In queste ultime ore e nei giorni precedenti siamo stati concentrati sui temi e sui bisogni degli italiani ma ci siamo trovati di fronte a un leader politico che voleva solo mercanteggiare e cercare pretesti per rompere”.

Una versione quella dei pentastellati confermata dal Pd. “Renzi non rompe con Conte, ma con gli alleati. Vuole scegliere anche i ministri degli altri partiti. Di qui la rottura inspiegabile”. “L’unico loro obiettivo è stato avere qualche poltrona in più”, afferma Vito Crimi. E la trattativa ieri si è impantanata dopo il vertice tra Renzi, Franceschini, Crimi e Speranza. Il senatore di Rignano ha lamentato il veto del M5S sul nome di Bellanova al Lavoro. E ha bocciato l’eventualità che a un vicepremier dem se ne affiancasse un altro pentastellato.

Ma soprattutto a pesare era la richiesta di discontinuità avanzata da Renzi. Che si traduceva nella richiesta delle teste di Alfonso Bonafede (Giustizia) e Lucia Azzolina (Scuola), di Pasquale Tridico (Inps) e Domenico Parisi (Anpal), e del commissario all’emergenza sanitaria, Domenico Arcuri. Renzi in realtà avrebbe voluto anche il sacrificio del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Ma le richieste di Iv sono state rispedite al mittente dagli ex alleati. Le forze di maggioranza, poi, consideravano eccessiva la richiesta di Iv di tre ministeri di peso (tra Infrastrutture, Sviluppo economico, Interno, Difesa) per Boschi, Ettore Rosato e Teresa Bellanova.

E c’è chi parlava addirittura di quattro ministeri pretesi. Ora ci si interroga su come potranno reagire le forze politiche al governo di alto profilo. Nel centrodestra FI potrebbe dire sì, Lega e FdI potrebbero invece astenersi. Nel centrosinistra Pd, Leu e Iv potrebbero rispondere sì. Mentre i 5S sono a rischio: l’ala più vicina ad Alessandro Di Battista potrebbe staccarsi da quella governista.