Un disastro. Inevitabile, però, dato che uscire dal programma comporterebbe spese che oggi l’Italia non può permettersi. Parliamo degli F-35 e dell’inverosimile quadro prospettato dalla Corte dei Conti nella relazione appena pubblicata. Il programma per gli F-35 ha accumulato un ritardo “di almeno cinque anni sulla tabella di marcia originaria” con costi “quasi raddoppiati rispetto alle previsioni iniziali”. Già questo basterebbe per capire quanto dannoso sia stata la partecipazione italiana al programma Joint Strike Fighter F-35 Lightning II. E quanto lo sarà ancora dato che i magistrati contabili osservano che “la valutazione complessiva del progetto deve tener conto, proprio in termini squisitamente economici, della circostanza che l’esposizione fin qui realizzata in termini di risorse finanziarie, strumentali ed umane è fondamentalmente legata alla continuazione del progetto”.
Il volume economico stimato per i prossimi vent’anni, pur nella sua visione più ottimistica, assume dimensioni ragguardevoli (circa 14 miliardi di dollari) e non va sottovalutato l’effetto moltiplicatore sull’indotto. Gli Stati Uniti, spiega la magistratura contabile, “hanno ridotto di quasi il 50% il numero di velivoli ordinati nelle fasi iniziali. L’avvio della fase di full rate production, inizialmente previsto per il 2016, è stato progressivamente posticipato, ed è attualmente previsto a partire dal lotto di produzione 15 (2021-2022), con un ritardo di almeno 5 anni”.
I costi unitari – osserva ancora la Corte dei conti – sono praticamente raddoppiati, e solo negli ultimi anni si sono manifestati segnali di miglioramento, in termini di maggiore efficienza produttiva e della catena di approvvigionamento da parte dei sub-fornitori.
Infine, il discorso occupazionale, le cui prospettive per l’Italia “non si sono ancora concretizzate nella misura sperata”. D’altronde La Notizia l’aveva scritto già in tempi non sospetti aveva sottolineato come i posti di lavoro concretamente creati non erano che la metà di quelli previsti.