F35, spendiamo 3 miliardi e incassiamo 600 milioni

di Angelo Perfetti

Nel momento in cui il governo si sta scervellando per trovare le risorse economiche necessarie a coprire i mancati introiti per Iva e Imu, la questione F-35 torna di strettissima attualità, non tanto con un approccio ideologico quanto piuttosto meramente economico. La mozione Marcon (Sel) presentata il 12 giugno scorso e sottoscritta dai grillini, dall’intero gruppo di Sel e da una pattuglia di 13 deputati del Pd, spiega nel dettagglio l’incongruenza di puntare sui bombardieri. “Gli oneri previsti per l’Italia nelle prime tre fasi (del progetto) ammontano a 1.942 milioni di dollari (1 miliardo 456 milioni di euro) a cui vanno aggiunti gli oltre 800 milioni di euro per la costruzione della Faco a cameri (Novara); contestualmente le nostre industrie hanno ottenuto appalti per circa 800 milioni di dollari (600 milioni di euro), a fronte dei circa 3 miliardi di euro spesi”. Insomma, il gioco non vale la candela, anche in considerazione del fatto che nel 2009 il parere favorevole delle Commissioni Difesa di Camera e Senato, esprimendo parere favorevole al programma, posero alcune condizioni, una delle quali era il ritorno industriale per l’Italia proporzionale alla sua partecipazione finanziaria.

Il dato politico
Il Movim,ento 5 Stelle alza la voce: ‘’Evitare la partecipazione dell’Italia al programma F35 è uno degli obiettivi annunciati del M5S. Da quando siamo entranti in Parlamento fino a oggi i nostri sforzi si sono concentrati nel tradurre in atti legislativi le proposte costruite assieme ai cittadini. Il 30 maggio 2013 abbiamo presentato una mozione che impegni il governo a non acquistare i 90 cacciabombardieri che costerebbero ai cittadini italiani 12,9 miliardi di euro (costo destinato a salire). La suddetta mozione è stata sottoscritta dai 109 deputati del M5S, da Sel e da soli 13 parlamentari del pdmenoelle. Inizialmente gli onorevoli del pdmenoelle erano favorevoli alla mozione ma una volta firmato l’inciucio con il Pdl molti hanno cambiato idea, alcuni hanno addirittura ritirato la firma già depositata e nessuno di loro si è presentato in conferenza stampa”. Anche Sel, che su questo tema è in pieno accordo dialogante con i grillini, calca la mano sullo spreco di risorse altrimenti destinabili alle scuole piuttosto che alla soluzione dei problemi idrogeologici sul territorio nazionale; peraltro viene sottolineata l’incongruenza dell’acqusito di bombardieri a fronte di una Costituzione che ripudia la guerra.

Il problema Pd
Il partito democratico anche in questo caso sembra essere bipolare, di lotta e di governo. Al Senato infatti, poco dopo la presentazione della mozione Marcon che ha visto la firma di parlamentari Pd, è stata presentata un’altra mozione da Casson, che in qualche modo risulta ridondante rispetto all’azione politica già avvita. E in più Gianpiero Scanu, capogruppo Pd nella Commissione Difesa di Montecitorio, ha comunicato che il Pd ha proposto alla Commissione parlamentare di avviare un’indagine conoscitiva per valutare lo stato dei nostri armamenti e le necessità per il futuro. Insomma, nel Pd ci sono tante anime che si muovono, e quasi mai in sintonia.

Le associazioni nonviolente
Da anni si muovono, spesso sotto bandiere politiche (il che per lungo tempo ha impedito il dialogo con una parte dei partiti dell’arco costituzionale), ma le loro ragioni sono sempre le stesse: il disarmo, la pace, l’utilizzo per fini sociali dei fondi destinali agli armamenti. Con la spendi review in atto hanno trovato nuove possibilità di esprimere le proprie posizioni. almeno fino a che non è arrivato il governo delle larghe intese che, a dispetto del nome, ha invece provocato nuove rotture ideologiche. Non a caso Marcon è in costante contatto con il movimento nonviolento e sta cercando – per quanto possibile – di spoliticizzare il dibattito. E la prossima settimana si va in aula.