Fact checking sulle liste in Lombardia

Il ritardo nella costituzione della Commissione antimafia avrà un primo effetto sulle prossime elezioni regionali in Lombardia.

Fact checking sulle liste in Lombardia

L’iter per il varo della Commissione parlamentare antimafia partirà solo il 27 gennaio prossimo, quando saranno passati già quattro mesi dalle elezioni che hanno portato il centrodestra al governo. Nella scorsa legislatura, la Commissione Antimafia fu varata a solo due mesi dalla nascita del primo governo Conte. Il ritardo nella costituzione della bicamerale sul fenomeno delle mafie e delle altre associazioni criminali avrà un primo effetto sulle prossime elezioni regionali del 12 e 13 febbraio anche in Lombardia.

Il ritardo nella costituzione della Commissione antimafia avrà un primo effetto sulle prossime elezioni regionali in Lombardia

Non si potrà procedere, infatti, a stilare l’elenco degli “impresentabili”, che aspirano a uno dei 79 seggi del Pirellone (l’ottantesimo è quello che viene attribuito al candidato presidente che prende più voti). Pertanto, gli elettori non sapranno, nel momento in cui deporranno la scheda nell’urna, se il loro voto è andato a un candidato che ha avuto problemi con la giustizia per reati “pesanti” come riciclaggio, estorsione, corruzione e concussione.

La lista degli impresentabili viene stilata dopo che le Prefetture (in Lombardia, come le province, sono dodici) inviano i nomi alla Commissione antimafia, che a sua volta li inoltra alla Direzione nazionale antimafia e agli uffici giudiziari interessati. L’eventuale impresentabilità è comunicata all’Antimafia una settimana prima del voto. I giorni dal 27 gennaio al 12 febbraio non bastano, quindi, perché la tempistica di questo iter possa essere rispettata.

In Lombardia, dove i candidati alla carica di presidente sono quattro (Attilio Fontana per il centrodestra, Pier Francesco Majorino per il centrosinistra insieme ai 5 Stelle, Letizia Moratti, sostenuta da una sua civica e dal cosiddetto Terzo Polo, Maria Ghidorzi, di Unione Popolare) se non è possibile sapere chi sono gli incandidabili, si possono almeno individuare i candidati che sono contro le mafie.

Il merito è dell’associazione di promozione sociale Wikimafia, che sul proprio sito ha avviato una “call to action” in sette punti che un candidato può sottoscrivere. A “Parlate di mafia” hanno aderito finora due candidati presidenti: sono Majorino, che ha firmato il 29 dicembre scorso, e Ghidorzi, che ha aderito il 15 gennaio. Le adesioni sono state finora 157 su un totale di oltre ottocento candidati aspiranti consiglieri (più i quattro candidati presidente).

La suddivisione per coalizione vede al primo posto, con 125 adesioni, il centrosinistra + Movimento 5 Stelle; sono 19 per Moratti + Azione-Italia Viva; 11 per Unione Popolare; solo 2 per il centrodestra. Tra gli impegni assunti dai candidati che aderiscono alla dichiarazione antimafia, ci sono la costituzione dell’ente regionale come parte civile in tutti i processi di mafia che riguardano la propria Regione, il divieto di contrarre rapporti di natura economica con società aventi residenza fiscale nei paesi offshore, la disponibilità a rendere pubblici i propri finanziatori già in campagna elettorale.

Per il resto, l’unico nome che potrebbe essere rischio di incandidabilità è quello del forzista Fabio Altitonante (nella foto), a processo per l’inchiesta “Mensa dei poveri” su un presunto sistema di mazzette, nomine pilotate, appalti e finanziamenti illeciti. Per il resto più che per incandidabilità, diversi candidati sarebbero impresentabili per le loro “capriole”. Patrizia Baffi, candidata per Fratelli d’Italia nella provincia di Lodi, è consigliera uscente del partito della Meloni. In consiglio regionale, però, c’era entrata eletta nelle fila del Pd (era stata anche segretaria di circolo e consigliera comunale dem a Codogno), era quindi passata a Italia Viva e infine a FdI.