Fame e sete di amnistia. Pannella si riarma di lotta non violenta

di Vittorio Pezzuto

Sono decenni che Marco Pannella ‘abita’ le immonde carceri italiane, conducendo un’inesausta lotta a favore dell’amnistia e trasformando le sbarre delle celle nel vasto perimetro della campagna per il ripristino della legalità del nostro Stato. Per il vecchio leader radicale il dato più importante delle parole di Giorgio Napolitano, che a leggerle sembrano quasi scritte sotto sua dettatura, «consiste nella scelta stessa di trasmettere un messaggio alle Camere. Grazie al costituzionalismo italiano (con rispetto parlando) abbiamo scoperto che in sessant’anni ce ne sono stati pochissimi, appena undici. Abbiamo insomma assistito alla totale eliminazione di un fondamento degli equilibri costituzionali italiani. L’ultimo messaggio era stato firmato da Ciampi esattamente dopo una bevuta comune al termine di un mio sciopero della sete sulla questione del potere di grazia del presidente della Repubblica. Per anni ci hanno propinato la Costituzione materiale, la Costituzione evidente, quella a fisarmonica… Napolitano ha finalmente usato la Costituzione formale con una presa di posizione che è esattamente quella con la quale noi radicali chiediamo di costruire legalità e diritto».
Adesso però tocca al Parlamento pronunciarsi a favore dell’amnistia.
«Sono almeno cinquant’anni che non ho fiducia in questa classe politica e di conseguenza, contro la violenza degli Stati, uso con maggiore facilità – molti dicono con maggiori costi personali – l’arma assoluta della nonviolenza. È un lavoro che produce costantemente non solo interventi legalitari ma anche diritto, esercizio del diritto. Domani (oggi per chi legge, ndr.) riprendo pertanto lo sciopero assoluto della fame e della sete proprio per evitare che questo messaggio venga riassorbito completamente dalla macina anticostituzionale e partitocratica. E la mia lotta ha come interlocutore tutte le giurisdizioni, quindi anche il Parlamento italiano».
Nel quale opera come supposta grande novità il Movimento 5 Stelle, che ha ingaggiato in queste ore uno scontro durissimo con il presidente Napolitano.
«Beppe Grillo si rivela uno splendido attore (nel senso migliore della parola) che ha nelle viscere i riflessi della rivolta antidemocratica e antilegalitaria. Ha in sé, con sé e davanti a sé semplicemente una banalissima forma di fascismo e comunismo reale, non ancora nemmeno di democrazia reale».
Lo stato della giustizia è forse l’unico tema sul quale non abbia speso finora una sola parola. Ha aderito per poche ore ai vostri referendum ma poi è bastata una telefonata di Antonio Di Pietro per fargli cambiare idea.
«Ma quando mai, lui non ha mai aderito ai referendum! È sempre e solo negativo. Come sapete, anni fa è stato condannato per omicidio colposo dopo che morirono i tre passeggeri della macchina che stava guidando, nonostante i cartelli di divieto, su una strada ghiacciata. Riuscì a salvarsi solo lanciandosi all’ultimo momento fuori dall’abitacolo. Bene, più volte l’ho già ammonito: “Stai attento Beppe a non commettere lo stesso errore, perché rischi di buttare a mare moralmente e politicamente centinaia di migliaia di persone. Non credere che anche stavolta potrai freddamente lanciarti fuori dal luogo in cui li ammazzi”».
Anche a sinistra non hanno mosso un dito su carceri e giustizia.
«A sinistra sono sempre sinistri, appunto. Una caricatura della destra, unita dal potere e da nessun altro valore. Sono semplicemente dei nazional non socialisti. Poverini. Questo partito nato nel loft e a guida Epifani non è epifania di alcunché ma stonato requiem. E purtroppo anche il buon sindaco Matteo Renzi ha ripetuto sulla nostra iniziativa le parole a suo tempo pronunciate dal segretario del Pci Luigi Longo: “Il referendum sul divorzio è una iattura perché divide il Paese”…».
Menomale quindi che Silvio c’è?
«Se i referendum saranno stati salvati in parte lo si deve al fatto che Berlusconi e io – con grande sorpresa di tutti – ci siamo incontrati a Largo Argentina su tutti i 12 referendum, sull’amnistia e sulla necessità di una durata del governo. Lui può essere considerato uno di noi, non invece i berlusconiani».
Come mai?
«I falchi berlusconiani si guardano allo specchio vedendosi come un animale nobile. E invece – non per calcolo ma soltanto per istinto – continuano a fare il lavoro di avvoltoi. Erano a tal punto convinti che Silvio fosse fottuto che stavano diventando autori del suo seppellimento, raggiungendo così la posizione dei loro soci nel Partito democratico. Quando l’altro giorno Silvio ha preso la parola in Senato, tutti loro pensavano che dicesse no al governo. E invece ha dato e fatto dare questa prospettiva di un governo di legislatura».
Che allontana l’ipotesi di elezioni anticipate, consentendo per la prossima primavera il voto dei referendum sulla giustizia. Sempre che le firme raccolte vengano considerate sufficienti.
«Se ci sono difetti di forma in alcuni moduli, sono dovuti all’inesperienza dei raccoglitori delle firme. Deciderà la prima sezione civile della Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale. Lo stimo tantissimo. Ci è vicino e molto condivide della nostra analisi ma favori non ce ne farebbe mai, lo so per certo. Non ne farebbe nemmeno a se stesso».