I 27 Stati membri riuniti al Consiglio europeo a Bruxelles provano a ricompattarsi. In nome del riarmo. E del sostegno a Kiev. Ma il tema degli asset russi continua a essere divisivo.
Tanto che nelle conclusioni i leader confermano che i beni rimangono congelati fino a quando Mosca continuerà la guerra ma non si fa alcuna menzione per l’uso degli stessi. Kiev sperava potessero finanziare i suoi sforzi bellici.
Uniti nel norme del riarmo
I leader Ue confermano la determinazione “a conseguire rapidamente e su larga scala” gli obiettivi di difesa entro il 2030 “affinché l’Europa sia meglio attrezzata per agire e affrontare in modo autonomo, coordinato e con un approccio a 360° le sfide e le minacce immediate e future”. E’ quanto si legge nelle conclusioni relative alla difesa e la sicurezza europea adottate dal Consiglio.
Facendo il punto sulla strategia per la difesa dell’Europa entro i prossimi cinque anni, “il Consiglio europeo chiede che i lavori guidati dagli Stati membri su tutti i settori prioritari di capacità individuati a livello dell’Ue siano resi operativi, con il sostegno dell’Agenzia europea per la difesa e sulla base di un approccio globale coerente, affinché l’Europa sviluppi l’intero spettro di capacità moderne necessarie, in piena coerenza con la Nato”.
Divisi sull’uso degli asset russi per finanziare Kiev
I 27 provano a ricompattarsi pure in nome del sostegno all’Ucraina. Forti delle sanzioni degli Stati Uniti ai colossi russi Lukoil e Rosneft, che rappresentano oltre il 50% della produzione petrolifera in Russia, e soprattutto dopo la notizia che Washington avrebbe dato il via libera alla fornitura di Patriot, indispensabili per la difesa dei cieli ucraini.
Volodymyr Zelensky si è quindi presentato a Bruxelles più ottimista. Ma l’illusione è durata poco.
L’attenzione del leader ucraino si concentrava sull’ipotesi di usare gli asset russi congelati per finanziare lo sforzo bellico del suo Paese. Ma il tema degli asset russi non è affatto semplice. L’Ungheria non sente ragioni. La Slovacchia è incerta.
Capofila dei distinguo il Belgio
Ma soprattutto le perplessità maggiori sono arrivate dal premier del Belgio, Bart De Wever. Dal momento che il Paese attraverso Euroclear detiene la quota principale degli asset russi congelati e non intende esporsi a rischi legali.
“Il Consiglio europeo si impegna ad affrontare le urgenti necessità finanziarie dell’Ucraina per il periodo 2026-2027, comprese quelle relative agli sforzi militari e di difesa. Pertanto, il Consiglio europeo invita la Commissione a presentare, il prima possibile, proposte di sostegno finanziario basate su una valutazione delle necessità dell’Ucraina, e invita la Commissione e il Consiglio a portare avanti i lavori affinché il Consiglio europeo possa tornare su questa questione nella sua prossima riunione”, si legge nel testo delle conclusioni del Consiglio europeo.
Dunque i beni russi rimangono congelati ma non verranno utilizzati, almeno per ora, per finanziare l’industria bellica di Kiev.
Nuovo colpo al Green deal
Infine dai 27 arriva un’altra frenata sul Green Deal. I leader europei sottolineano la necessità di introdurre una “clausola di revisione” all’obiettivo climatico al 2040. E invitano la Commissione Ue a “sviluppare ulteriormente le condizioni necessarie per sostenere l’industria e i cittadini europei nel raggiungimento dell’obiettivo” climatico intermedio.
Nelle conclusioni si legge che accolgono “con favore l’intenzione della Commissione europea di portare avanti” già entro la fine di quest’anno “la revisione” del regolamento sulle emissioni di CO2 per l’automotive – che prevede lo stop nel 2035 alle vendita di nuovi veicoli a benzina e diesel – e chiedono “la rapida presentazione della proposta tenendo conto della neutralità tecnologica”.