FdI in Lombardia propone di offrire case popolari a medici e infermieri per fermare la fuga di professionisti in Svizzera

FdI in Lombardia rispolvera una vecchia proposta della Lega: offrire case popolari a medici e infermieri per fermare la fuga in Svizzera.

FdI in Lombardia propone di offrire case popolari a medici e infermieri per fermare la fuga di professionisti in Svizzera

Rendere attrattivo per medici e infermieri il lavoro in Lombardia? Secondo i consiglieri regionali di Fratelli d’Italia Marco Bestetti e Christian Garavaglia, basterebbe offrire particolari condizioni di accesso ai servizi abitativi pubblici. Una casa a prezzo agevolato, è lo spirito della mozione che hanno presentato in consiglio regionale e che è stata approvata all’unanimità dalla maggioranza di centrodestra al Pirellone, dovrebbe fungere da incentivo per un professionista della sanità per trasferirsi a lavorare in Lombardia.

FdI in Lombardia rispolvera una vecchia proposta della Lega: offrire case popolari a medici e infermieri per fermare la fuga in Svizzera

“Con questo testo affrontiamo due emergenze sociali che presentano punti di contatto: il caro affitti e la difficoltà di reperire personale sanitario e sociosanitario”, ha spiegato Bestetti, “in molte aree della nostra regione acquistare o affittare una casa per molti cittadini è difficile. Questa condizione si combina alle difficoltà del sistema sanitario regionale di reperire nuovo personale. Per questo è necessario continuare a promuovere politiche abitative che possano favorire la permanenza in Lombardia del personale sanitario e sociosanitario”. La consigliera Pd Carmela Rozza ha etichettato la proposta come “un rattoppo” e non certo una soluzione, e, sostiene l’esponente dem, “se pensano di poter dare una casa popolare agli oltre 500mila dipendenti del comparto sanitario con una modifica normativa, prendono in giro i professionisti della sanità”.

Per il Pd è una presa in giro: servono 500mila alloggi

Una sanità, quella lombarda, sempre più in sofferenza negli organici e non certo per una sola questione di soluzione abitativa a prezzo accettabile. Da una ricognizione fatta nella primavera scorsa in tutte le Aziende di tutela della salute (Ats) lombarde, i buchi negli organici tra medici di medicina generale e pediatri di base erano 1.326, un dato in crescita rispetto ai due anni precedenti.

Per quanto riguarda gli infermieri, non si ferma il flusso, soprattutto dalle province di Como e Varese, di quanti scelgono di fare i frontalieri e andare ad operare nelle strutture sanitarie svizzere, dove percepiscono uno stipendio che può essere superiore anche di due-tre volte a quello che prenderebbero lavorando in Lombardia. La proposta dei due consiglieri di Fratelli d’Italia non è neppure originale, ma ricalca una simile presentata nella scorsa legislatura dall’assessore alla casa forzista Alan Rizzi (passato alla Lega) e confluita in una delibera della giunta regionale di dicembre 2022.

“La proposta presentata dall’Assessore Rizzi, ovvero cercare un’intesa con Aler per garantire alloggi ai professionisti della sanità che vengono a lavorare a Milano, assomiglia più al gioco delle tre carte che ad una soluzione concreta”, era stato il commento del consigliere del M5S Gregorio Mammì. Che aveva aggiunto: “Con decine di migliaia di cittadini aventi diritto in attesa di un alloggio popolare, che senso avrebbe permettere al personale sanitario di saltare la graduatoria? I medici devono essere pagati il giusto, non sottopagati ma con una casa popolare sottratta peraltro a chi ne avrebbe maggior diritto. Il personale sanitario è vessato ogni giorno da gestioni politicizzate delle strutture, sottopagato, costretto a doppi e tripli turni, ma le risposte che arrivano da Regione Lombardia sono: “assunzione di medico tramite cooperative” e ipotetiche “case popolari per sanitari”.

La delibera di giunta si proponeva di sviluppare le politiche abitative per il personale sanitario, tramite la messa a disposizione di alloggi a canone calmierato, e valorizzare il patrimonio ad uso non abitativo delle Aler per la sanità territoriale, attraverso l’erogazione dei servizi sociosanitari e, per i presidi territoriali, attraverso l’erogazione di servizi di prossimità. Evidentemente a Bestetti e Garavaglia, nel fare copia e incolla, è sfuggita questa seconda parte.