Femminicidi, dalla politica dieci anni di fallimenti

Negli ultimi dieci anni decreti-legge, disegni di legge, piani antiviolenza e commissioni non hanno arginato i femminicidi.

Femminicidi, dalla politica dieci anni di fallimenti

“Dobbiamo investire sulla prevenzione della violenza contro le donne. Ogni reato è di per sé una sconfitta per lo Stato che non ha saputo impedirlo. E questo tipo di reati è una sconfitta collettiva”. Questo quanto riferito dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, nel corso di un’intervista al Sole 24 Ore in cui di fatto anticipava misure contro la violenza sulle donne che sarebbero dovute essere al centro dell’audizione del guardasigilli in Commissione d’inchiesta sui femminicidi ma che, letteralmente all’ultimo secondo, è stata sconvocata. “I segnali di allarme sono molti e li conosciamo bene. Con il vademecum che stiamo progettando e che sarà diffuso in ogni luogo, dalle università ai posti di lavoro alle scuole secondarie, vogliamo contribuire a un’educazione al rispetto” ha spiegato Nordio.

Negli ultimi dieci anni decreti-legge, disegni di legge, piani antiviolenza e commissioni non hanno arginato i femminicidi

Insomma davanti all’ennesimo femminicidio, la politica risponde con l’ennesima stretta. Peccato che negli ultimi dieci anni sono stati approvati decreti-legge, disegni di legge, piani antiviolenza e commissioni d’inchiesta che non hanno dato i risultati sperati. Come spiega Pagellapolitica, dal 2013 a oggi “governi e Parlamento hanno approvato in media quasi un provvedimento all’anno per contrastare la violenza sulle donne” e non farà eccezione questa legislatura che in queste ore ha portato al Senato un disegno di legge con misure per “il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica”.

Esattamente dieci anni fa, ossia nel 2013, il Parlamento italiano “ha ratificato la Convenzione di Istanbul, redatta nel 2011 dal Consiglio d’Europa, un’organizzazione che raggruppa 46 Paesi, tra cui i 27 Stati membri dell’Unione europea” che impegna chi la sottoscrive a darsi da fare per prevenire l’odioso fenomeno dei femminicidi. Nello stesso anno, per la precisione ad agosto, l’allora governo di Gianni Letta “ha approvato un decreto-legge, ribattezzato ‘legge sul femminicidio’, modificando le norme sui maltrattamenti contro i familiari e introducendo nuove aggravanti”, l’inasprimento delle pene e disponendo “che i governi debbano periodicamente approvare piani di azione contro la violenza sessuale e di genere”. Due anni dopo a Palazzo Chigi c’è Matteo Renzi con il suo governo che per primo approva un piano ad hoc. Ma i femminicidi, malgrado queste nuove norme, non diminuiscono più di tanto.

Secondo l’Istat dal 2013 ad oggi sono state uccise quasi 150 donne ogni dodici mesi

Secondo i dati Istat nel 2012, ossia prima della ratifica della convenzione, i femminicidi erano stati 160, nel 2013 aumentano a 179, nel 2014 scendono a 148 e nel 2015 a 141. Un trend che non deve ingannare perché nel 2016 il dato torna a salire e si assesta a quota 149 femminicidi per poi scendere a 123 nel 2017 e nuovamente risalire a 133 nel 2018. Proprio quest’ultimo è l’anno in cui viene introdotto dal governo gialloverde di Giuseppe Conte il disegno di legge denominato ‘Codice rosso’ che “ha introdotto una procedura velocizzata per le denunce e le indagini sui casi di violenza di genere, secondo un sistema mutuato dal triage del pronto soccorso ospedaliero”, modificando il codice di procedura penale e aumentando le tutele per le vittime di violenza di genere.

Norma che, colmando un vuoto legislativo, introduceva quattro nuovi reati capaci di intercettare le nuove dinamiche criminali legate alla violenza sulle donne: “La diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della persona rappresentata (il cosiddetto revenge porn); la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti; la costrizione o induzione al matrimonio; e la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare”. Nel 2021, durante il governo giallorosso di Conte, il Parlamento “ha ratificato la convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil) sulla violenza e le molestie nel mondo del lavoro” che, pur non essendo vincolante, chiedeva l’impegno ai firmatari di adottare ulteriori misure per limitare l’odioso fenomeno dei femminicidi.

Sempre secondo Pagellapolitica, a giugno 2022 il Parlamento “ha approvato un disegno di legge (…) che impegna una serie di istituzioni a realizzare periodicamente indagini statistiche interamente dedicate alla violenza contro le donne” così da individuare con precisione l’entità dal fenomeno. E ancora il Conte II a occuparsi del fenomeno con la sua riforma del processo penale, poi portata a termine dal governo di Mario Draghi, che estende l’applicabilità delle tutele previste dal ‘Codice rosso’ anche ai reati di tentato omicidio e tentata violenza. Ma in questi dieci anni sono stati varati anche “tre piani strategici nazionali sulla violenza maschile contro le donne” e uno sterminato numero di commissioni parlamentari d’inchiesta che hanno approfondito il tema.