di Antonio Acerbis
La corazzata Verdinomkin ha salvato ancora una volta Matteo Renzi che, a questo punto, ha svelato definitivamente le sue carte: la maggioranza di Governo, ora, è un trittico che più maldestro e strampalato non si può, con Renzi, Denis Verdini e Angelino Alfano, il quale, in estati per una vittoria che nemmeno a lui par vera, ha cominciato a blaterare frasi senza alcun rigore scientifico né tantomeno logico. “È stato un bel regalo all’Italia avere impedito che due persone dello stesso sesso, cui lo impedisce la natura, avessero la possibilità di avere un figlio”, ha detto Angelino che, non contento, ha rincarato la dose, sottolineando come la Santa Inquisizione Ncd abbia “impedito una rivoluzione contronatura e antropologica“. Per fortuna, almeno sui deliri alfaniani, qualcuno ha pensato bene di intervenire per fermare l’invasato. Da Lorenzo Guerini (“le dichiarazioni infelici che risultano inutili ed esagerate”) a Roberto Speranza (“Caro Alfano, l’unica cosa contro natura di questi giorni è stato l’oscurantismo di chi non vuol riconoscere l’uguaglianza dei diritti delle persone”). Per carità, Alfano ha avuto l’(in)decenza di non rimangiarsi nulla, ma d’altronde anche il ministro della Salute Beatrice Lorenzin aveva giudicato il testo contronatura.
DIBATTITO DEGRADANTE – E così, nel corso del dibattito, si è sentito ogni improperio, ogni insulto, ogni blasfemia per l’intelligenza umana immaginabile. A mo’ di ciliegina su un iter legislativo ancora più desolante e scadente. Da Carlo Giovanardi che ha detto che a questo punto si potrebbe pensare anche a far sposare cani e gatti, fino a Roberto Calderoli che ha indossato il saio medievale e con tanto di cilicio e fruste punitive ha ammonito: “chi vota a favore di questa legge va all’inferno”. Peccatori che non siete altro. Insomma, ieri in Aula c’era un livello di invasamento difficilmente replicabile (si spera, almeno). Tanto che, forse, l’unica dichiarazione condivisibile è stata quella di Alberto Airola, il quale, a chiusa del suo intervento, ha mandato tutti a quel paese. Condivisibile, certo, se non fosse per quel piccolo dettaglio che la legge così come’era stata concepita non è passata (anche) per uno stupido capriccio targato Cinque Stelle.
IL VOTO – In quel caso, infatti, non sarebbe servito alcun paracadute, come invece è accaduto per l’ennesima volta ieri, suggellando la vera maggioranza di Governo. Renzi e Alfano insieme a Verdini. Più che unioni civili, una ammucchiata che, questa sì, è a dir poco contronatura. Con i prodi senatori di Ala, infatti, è arrivata la definitiva approvazione dell’Aula al testo Cirinnà. Un testo monco, sventrato. Approvato con 173 voti favorevoli, 71 contrari, mentre i 5 Stelle sono usciti dall’Aula. Ma d’altronde già il presidente di Ala, Lucio Barani, aveva confermato che i verdiniani avrebbero votato a favore. Alla fine, dunque, il testo è passato con il voto determinante dei verdiniani (senza i 19 non si sarebbe raggiunta la maggioranza assoluta). E ora dovrà andare alla Camera dove, molto probabilmente, verrà ancora modificato per poi tornare ancora al Senato. Perché il punto è questo: il testo – monco o integro che sia – non verrà mai approvato. Oggi siamo tutti più poveri. E la cosa triste è che lo saremo anche domani.