Dai dati Istat sono arrivati una gragnola di dati contrastanti da leggere con cura. Si fa presto a cantare vittoria e ad attivare la grancassa della propaganda di governo sulla modesta crescita dei redditi e dei consumi nei primi tre mesi dell’anno. In realtà questi lievi aumenti vengono rosicchiati dall’aumento dei prezzi e dall’inasprimento della pressione fiscale, ovvero dall’aumento delle tasse.
Salgono consumi e reddito assieme ai prezzi e alle tasse
Nel primo trimestre dell’anno il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è salito dell’1,8% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dell’1,2% e il potere d’acquisto dello 0,9%. Ma – sostengono le associazioni dei consumatori – un +1,2% non può definirsi esaltante, specie considerato che il reddito disponibile aumenta in modo più consistente, il che vuol dire – come argomenta l’Unione nazionale consumatori – che le famiglie sono ancora restie a spendere e temono per il loro futuro, preferendo mettere i soldi sotto al materasso.
Per questo sale la propensione al risparmio al 9,3%. Dunque i consumi rimangono ancora sotto le attese.
Fare la spesa è diventato un lusso
Nuovo rincaro – sempre secondo l’Istat – dei prezzi. A giugno, secondo le stime preliminari, l’inflazione sale portandosi all’1,7% dall’1,6% di maggio. L’aumento dei prezzi al consumo su base mensile è dello 0,2%. Il rialzo del carovita, spiega l’Istat, è da attribuire soprattutto all’effetto delle tensioni registrate sui prezzi dei Beni alimentari (+3,5% da +3,0% di maggio). Il “carrello della spesa”, ovvero dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, continua dunque la sua corsa al rialzo (+3,1% da +2,7%) e aumenta anche l’inflazione di fondo (+2,1%, dall’+1,9% di maggio).
E non è finita. Aumenta ancora la pressione fiscale nel primo trimestre dell’anno, di ben mezzo punto percentuale, al 37,3%. Altro che le promesse da marinaio del governo di Giorgia Meloni di tagliare le tasse. Peggiora anche il deficit. Nel primo trimestre l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è stimato al -8,5% (-8,2% nello stesso trimestre del 2024).
Le imprese perdono quote di profitto
Nel primo trimestre di quest’anno le imprese italiane hanno peraltro sperimentato una ulteriore caduta della quota di profitto che, seppure di lieve entità, fa seguito a sette trimestri di flessione congiunturale. La quota di profitto delle società non finanziarie è stimata al 42,1%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Il tasso di investimento delle società non finanziarie si è attestato al 22,4%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
Crolla l’export estero extra Ue a maggio
E lo spettro dei dazi si fa concreto. A maggio, per il secondo mese consecutivo, torna a scendere l’export verso i paesi extra Ue rispetto al mese precedente. Secondo i dati Istat, il mese scorso si stima, per l’interscambio commerciale con i paesi extra UE27, una riduzione congiunturale per entrambi i flussi, più ampia per le importazioni (-7,6%) rispetto alle esportazioni (-3,5%).
Su base annua l’export flette invece del 5,2% (-1,4% ad aprile) mentre l’import ha un calo tendenziale del 3,6%.
Dopo gli ultimi dati Istat “cara Giorgia, per quanto tempo ancora intendi insistere con questa finzione, che va tutto bene? Torna sulla terra!”, ha detto il leader M5S, Giuseppe Conte.
“Mentre Giorgia Meloni lavora senza risparmio per compiacere Washington, condannando gli italiani a pagare 445 miliardi di euro in più nei prossimi dieci anni per portare le spese militari al 5% del Pil, milioni di italiani continuano a soffrire. Ma – ha aggiunto – non erano loro quelli che dovevano tagliare le tasse?! Davanti a questo scenario, un governo serio non dormirebbe la notte. Invece la presidente del consiglio ripete che va tutto bene, che l’Italia prospera, che la folle corsa al riarmo sarà ‘un circolo virtuoso per l’economia’”.