Forza Italia vicina all’implosione

di Lapo Mazzei

Partiamo da un paradosso. Per quanto si voglia cantar vittoria, dalle parti del Nazareno, sede del Pd a trazione renziana, l’iniziativa riformatrice intrapresa dal governo guidato da Matteo Renzi, che provocato aspri conflitti, non ha prodotto i risultati sperati in termini di consenso popolare. Le difficoltà sin qui incontrate da Palazzo Chigi hanno avuto un riverbero negativo nei confronti del Partito democratico, che oggi può vantare un distacco di 6 punti percentuali rispetto a un centro-destra unito. E non è una cosa da poco. Perché la prospettiva di una ricomposizione, se non addirittura di un’alleanza strutturale, fra tutte le realtà del magmatico e frammentato universo conservatore-moderato, ovvero di quello che una volta veniva volgarmente definito centrodestra, non è poi così remota. Molto, ma non tutto, dipende dalla legge elettorale, dai prossimi dati economici e da quale strada deciderà d’imboccare Renzi. Se quella delle elezioni anticipate o quella della via di fuga, ovvero del tirare a campare sino al 2018.

QUESTIONE LEADERSHIP
Il nodo vero, semmai, è un altro, dato che restano evanescenti i contorni della personalità destinata a prenderne le redini del centrodestra unito. A partire proprio da Matteo Salvini, la cui aspirazione a diventare l’antagonista del premier nel prossimo appuntamento elettorale si scontra con le cifre di una Lega Nord al di sotto del 10 per cento dei consensi a livello nazionale, nonostante il buon risultato alle regionali dell’Emilia Romagna. Che può essere un bel punto di partenza. Ma non il fattore scatenante della sua presa della Bastiglia. Perché sul torrione c’è anche lui, Silvio Berlusconi. Certo, dopo il minimo storico toccato alle Europee del 25 maggio scorso (16,81%, poco più di 4 milioni e mezzo di voti) Forza Italia non è andata oltre il 12% in Calabria – dove il Pd si è attestato al 24% – e l’8% in Emilia-Romagna, territorio in cui la Lega Nord ha sfiorato quota 20%.

IL CAV NEL MIRINO
Risultati che hanno fatto esplodere la bagarre fra i colonnelli azzurri. Stavolta nessuno, sia a caldo sia a freddo, ha voluto minimizzare. Anzi. Maurizio Gasparri, uno che non è mai stato in dissenso con la linea ufficiale del partito, ha spiegato che se Berlusconi non ha l’agibilità politica allora ci saranno le primarie, perché “il leader futuro nascerà dal consenso della gente, non dal casting o dalle selezioni che possiamo fare in televisione”. Più duro, come capita da qualche tempo a questa parte, Raffaele Fitto, che ha immediatamente chiesto l’azzeramento di tutte le cariche del partito ricevendo il sostegno di alcuni colleghi (fra i quali Daniele Capezzone). “Mi auguro che nessuno si azzardi a minimizzare o a cercare alibi per il nostro drammatico risultato in Calabria e in Emilia-Romagna, regione in cui siamo stati addirittura doppiati dalla Lega. E sarà bene ricordare passo dopo passo tempi e modalità delle scelte che sono state compiute (con clamorosi errori) per definire le candidature e le alleanze”, sono state le parole utilizzate dall’ex governatore della Puglia. “Non abbiamo il diritto di nasconderci dietro l’astensione, che colpisce soprattutto noi, aggravando la tendenza già manifestatasi alle Europee”. L’europarlamentare ha poi definito “incomprensibile la mortificazione umana e politica degli attuali deputati e senatori” di Forza Italia.

PARTITO DILANIATO
Per Fitto, poi, il problema non è coinvolgimento dei giovani invitati a villa Gernetto, “ma tutti (giovani e non) devono essere scelti democraticamente. Basta con le nomine” e “con i gruppi autoreferenziali che hanno determinato in questi mesi una politica e una comunicazione inefficaci e prive di qualunque credibilità, bocciate senza appello dai nostri elettori. E soprattutto basta con una linea politica incomprensibile, ambigua, che oscilla tra l’appiattimento assoluto verso il governo nei giorni pari, e gli insulti al governo nei giorni dispari”. Gli ha risposto il consigliere politico Giovanni Toti: “Anche tu da anni sei dirigente di questo partito”. Insomma, è del tutto evidente che da queste regionali chi esce con le ossa rotte è Forza Italia, mentre il Pd deve imparare a guardarsi allo specchio. E siccome i due soggetti sono gli attori del Patto del Nazareno, la speranza è che nessuno voglia vestire i panni di Dorian Gray, quella del ritratto di Oscar Wilde. Soprattutto ora che i grillini hanno iniziato, in maniera quasi irreversibile, la loro discesa all ‘inferno. Per la loro regionali sono state simili al game over del flipper, nel quale hanno dimostrato di girare sempre e comunque a vuoto….