Forza Italia e Lega all’assalto della Manovra

Gli alleati della Meloni sono rimasti delusi su diversi fronti e sperano in Parlamento di correggere la Manovra a colpi di emendamenti.

Che il passaggio di lunedì notte, con il varo della Manovra, non abbia affatto chiuso la partita è un dato scontato: i giochi si faranno anche e soprattutto durante l’iter parlamentare, nonostante i tempi siano stretti e il passaggio nella seconda Camera che la discuterà, cioè il Senato, rischia di ridursi ad una semplice presa d’atto.

Gli alleati della Meloni sono rimasti delusi su diversi fronti e sperano in Parlamento di correggere la Manovra a colpi di emendamenti

La Manovra, infatti, deve essere approvata entro il 31 dicembre, pena l’esercizio provvisorio. Il testo, di cui nella giornata di ieri è circolata una prima bozza (ma il Mef lo sta limando soprattutto per chiudere il capitolo sulle coperture), dovrebbe arrivare a Montecitorio tra domani sera e lunedì.

Non è un mistero che gli alleati della premier siano rimasti delusi su diversi fronti e sperano in Parlamento di correggere, a colpi di emendamenti, la legge di Bilancio. Giorgia Meloni lo sa e non a caso ha messo le mani davanti. “Credo nel lavoro parlamentare, so che il Parlamento – ha dichiarato – se non c’è un atteggiamento pregiudiziale, può produrre cose molto buone. Credo possa intervenire su tutto”.

È ovvio che la premier, spalleggiata dal più draghiano dei suoi ministri, ovvero il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, punterà a difendere l’impostazione della sua legge di Bilancio. “Orgogliosa del lavoro di questo governo e di una manovra scritta in tempi record. Una legge di bilancio coraggiosa e concreta, che bada al sodo e offre una visione sulle priorità economiche”, ha continuato a ripetere ieri.

Ma, checché ne dica, il pressing di Lega e Forza Italia è già partito. A cui si aggiunge anche quello di Noi moderati che, con Maurizio Lupi, hanno detto che la legge di Bilancio è “migliorabile” e che mettono in dubbio l’opportunità di lanciare subito Quota 103, definita “Pensione Anticipata Flessibile” nella bozza del testo. Pochi minuti dopo la conclusione del Consiglio dei ministri, a tarda notte, i due capigruppo azzurri, Licia Ronzulli (Senato) e Alessandro Cattaneo (Camera), hanno preso carta e penna per scrivere una nota che già preannunciava la richiesta di modifiche.

E Cattaneo stesso ieri, parlando di una “Manovra in un certo senso obbligata”, ha ribadito il concetto: “In Parlamento ci sarà un lavoro che faremo”, seppur, “compatibilmente con lo stato della finanza pubblica”. E se il messaggio non fosse abbastanza esplicito ci pensa il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto a chiarire: “Sulla manovra si può fare di più? Probabilmente sì, e d’altra parte lo stesso premier Meloni ha aperto a modifiche parlamentari, nel cui ambito Forza Italia farà valere le sue proposte migliorative”.

Al coro si unisce il vicepresidente della Camera, l’azzurro Giorgio Mulè, che ha definito la Manovra “una tisana” laddove l’obiettivo è “una bevanda rivitalizzante”. Forza Italia chiedeva, chiede e chiederà di più sulle pensioni, sulla decontribuzione per i giovani, sul processo di sburocratizzazione. Ma perplessità tra gli azzurri ci sono anche sul Reddito di cittadinanza che la componente meridionale del partito si sarebbe guardata bene dal depotenziarlo così brutalmente. E sul fatto che gli imprenditori siano stati esclusi dai benefici derivanti dal taglio del cuneo fiscale. Sebbene questi benefici per i lavoratori si tradurranno in pochi spiccioli al mese in più in busta paga.

Della promessa fatta da Silvio Berlusconi di portare a mille euro le pensioni minime è rimasto un aumento irrisorio pari a 45 euro circa che porta le minime a 570-580 euro. Mulè calcola che alzarle almeno a 600 euro costerebbe solo 80 milioni di euro in più. Sicuro un emendamento in questo senso. La decontribuzione fino a 6mila euro per chi assume under36, donne e percettori di Reddito di cittadinanza, varrà per tre anni. Forza Italia chiederà uno scatto di coraggio maggiore. Senza dimenticare che gli azzurri sono impegnati nella battaglia per sbloccare i crediti del Superbonus. Battaglia che si gioca nel dl Aiuti quater ma che potrebbe passare anche in Manovra.

Per quanto riguarda la Lega, ieri il vicepremier e ministro, Matteo Salvini, ha riunito i suoi parlamentari. Ma al di là delle dichiarazioni di facciata (“Tutto va nella direzione auspicata in campagna elettorale”) la riunione è servita al leader leghista per fare il punto sugli emendamenti e le proposte di modifiche che intende portare il Carroccio. Di abolizione del canone Rai, Quota 41, flat tax fino a 100 mila euro e una pace fiscale ampia ed estesa, promesse in campagna elettorale da Salvini, sebbene lui dichiari il contrario, non c’è traccia in Manovra.

Il partito di via Bellerio dunque si concentrerà sulle richieste per ampliare il perimetro della tregua col Fisco, chiedendo più coraggio sulle misure per lo stralcio delle cartelle esattoriali, e soprattutto chiederà di stoppare la riduzione degli sconti – che sono stati praticamente dimezzati – sulla benzina. Per chi come Salvini prometteva l’abolizione totale delle accise sui carburanti appare inaccettabile aver cancellato anche la sforbiciata decisa da Draghi.

Salvini ha peraltro già dovuto ingoiare l’altolà del numero uno di via XX Settembre, che ieri era assente alla riunione. Giorgetti ha spiegato che “in tanti invocavano sforamenti di qua, sfondamenti di là, si aspettavano che facessimo un po’ di follie, mi dispiace non aver assecondato questo tipo di aspettative”.

Peccato che a chiedere che si facessero follie fosse proprio il leader del partito cui il ministro appartiene. Meloni ha accolto la proposta di un confronto sulla legge di Bilancio lanciata da Carlo Calenda, secondo cui la premier “è nuova” nel ruolo e “va aiutata, non solo contestata”. Ma la premier deve guardarsi dai suoi alleati più che dall’opposizione.

 

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