Forza Italia snobbata dagli alleati. L’ira di Berlusconi su Toti. In Liguria il partito di Silvio escluso dalla Giunta. E il Cav la prende sul personale: è un errore politico

Si potrebbe definire un classico esempio di quella che in psicologia viene definita la “sindrome rancorosa del beneficiato”, cioè quell’ingiustificato rancore covato da chi ha ricevuto un beneficio, nei confronti del suo benefattore, che diventa addirittura una persona da dimenticare se non da penalizzare e calunniare. Come definire altrimenti l’atteggiamento del presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, che ha escluso Forza Italia dalla sua nuova giunta? A Silvio Berlusconi, che con i suoi è sempre stato generosissimo, non è andata giù la decisione dell’ex giornalista Mediaset (nonché ex pupillo ed ex coordinatore azzurro) di non lasciare nessun assessore ai forzisti, che pur si sono spesi nella sua ultima campagna elettorale.

A onor del vero la lista personale di Toti è andata molto bene attestandosi al 22,6 per cento, primo partito della regione, ma arrivare perfino a dimenticare da dove si arriva (e grazie a chi) è ben altra cosa. Non è un segreto che il governatore ambisca a creare un nuovo “contenitore” che vada oltre FI e si federi con Lega e FdI per tornare magari a Palazzo Chigi con una coalizione di cui appunto questo soggetto in fieri dovrebbe rappresentare l’ala “moderata”, discorso peraltro abbastanza privo di senso in quanto con la nuova legge elettorale proporzionale in cantiere ognuno corre per sé. Ed è proprio questo il punto: in politica – come nella vita del resto – la riconoscenza è il sentimento della vigilia o, se vogliamo, l’attesa di nuovi favori che al momento Berlusconi non può certo elargire.

Anche quando Toti nelle sue dichiarazioni attacca Matteo Salvini – affermando che la sua visione “sovranista” del centrodestra non ha più futuro – in realtà punta ad altro: la sua opa è su Forza Italia, paragonata a un’auto d’epoca, un tempo bellissima, ma oggi parcheggiata davanti a un passo carrabile dove impedisce o rallenta l’ingresso di tutti gli altri. Insomma, in altre parole il partito e il suo fondatore sarebbero al capolinea, avendo esaurito la propria forza propulsiva, fermandosi a percentuali ovunque sotto il 10 per cento e qualche volta addirittura sotto il 5. Ma se nella sua regione il leader di Cambiamo! pare aver agito in totale autonomia, senza ascoltare Matteo Salvini, che, d’intesa con Giorgia Meloni, gli avrebbe chiesto di non ‘tagliare’ fuori FI dalla partita degli assessorati liguri, anche altrove i rapporti di forza fra i tre partiti della coalizione sono chiari.

In Abruzzo, dove la giunta è presieduta dall’esponente di Fratelli d’Italia, Marco Marsilio, questi ha firmato il decreto con il quale ha rimosso dall’incarico l’assessore alle Attività produttive, l’azzurro Mauro Febbo (che comunque si era già autosospeso da Forza Italia), assumendo temporaneamente le deleghe a lui attribuite. Alla base della decisione ci sarebbe la doppia sconfitta alle amministrative a Chieti e ad Avezzano che, secondo la Lega, sarebbero da attribuire in via prioritaria ai comportamenti dell’(ormai) ex assessore forzista.

In particolare a Chieti il Carroccio imputa a Febbo la sconfitta rimediata da candidato leghista sostenuto dal centrodestra alle elezioni comunali, avendo egli dato vita alla lista civica ‘’Forza Chieti’’, che insieme ad altre tre civiche ha sostenuto un altro candidato sindaco ovvero Bruno Di Iorio. La vera partita però non è certo in Abruzzo: la sfida clou è quella per la conquista del Campidoglio, che sta entrando sempre più nel vivo e se Forza Italia sogna Guido Bertolaso in campo, non ha fatto i conti con chi nella Capitale ha i numeri veri per dettare le regole: Giorgia Meloni. In grande ascesa anche a livello nazionale, peraltro.