Francesca Fresch nel mirino dei clan a Cassino: quando indagare diventa un rischio di vita

A Cassino brucia l’auto della pm Francesca Fresch: i clan rispondono alle inchieste con intimidazioni e dominio territoriale

Francesca Fresch nel mirino dei clan a Cassino: quando indagare diventa un rischio di vita

Nella notte tra il 14 e il 15 maggio, a Cassino, l’auto della sostituta procuratrice Francesca Fresch è stata data alle fiamme sotto casa. Un gesto che va ben oltre l’intimidazione individuale: è un attacco diretto a una funzione dello Stato. La pm Fresch da tempo coordina indagini che mirano a disarticolare i meccanismi della criminalità organizzata nel Basso Lazio. Quelle indagini non si fermano più ai piccoli spacciatori, ma seguono i soldi, ricostruiscono le filiere, toccano i clan, colpiscono le economie sommerse che prosperano sotto gli occhi di tutti.

Una minaccia studiata per colpire lo Stato

Il rogo non è un episodio isolato. Nei due mesi precedenti, Cassino è stata teatro di una serie di atti intimidatori: una bomba carta in via Garigliano, colpi di pistola contro un’auto in sosta nel quartiere San Bartolomeo e un incendio doloso a una paninoteca in via del Carmine. Tutti episodi considerati collegati e propedeutici all’attacco alla magistrata. Una strategia criminale graduale, una pressione crescente, una verifica della tenuta dello Stato.

La reazione istituzionale, dopo giorni di silenzio, è arrivata: la Procura di Perugia ha assunto l’indagine, il prefetto di Frosinone ha convocato un Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Il sindaco Enzo Salera ha promesso l’assunzione di sei nuovi agenti di polizia municipale. L’Associazione Nazionale Magistrati ha denunciato “un altro preoccupante episodio in un clima di costante delegittimazione della magistratura”. Ma serve di più. Serve smettere di considerare Cassino una zona grigia, marginale, periferica. Perché i clan non la considerano tale.

Cassino, crocevia criminale tra Campania e Lazio

Cassino è da tempo una zona strategica per la criminalità organizzata. La sua posizione geografica – a cavallo tra il Casertano e il Frusinate – l’ha resa una naturale area di espansione per i clan camorristici. Storicamente è stata presidiata dal clan Bardellino, del gruppo casalese. La sua influenza si è fatta sentire nel mondo immobiliare, nel commercio, nei trasporti.

La mappatura criminale aggiornata segnala la presenza attiva di numerosi clan: i Casalesi, nelle loro articolazioni storiche e più recenti; i Licciardi, i Belforte (detti “i Mazzacane”), i Mazzarella, i Di Lauro e i Gionta. Tutti nomi che fanno tremare Napoli e che trovano terreno fertile anche nel Frusinate. Il clan Mallardo, con base a Giugliano, risulta operativo a sud della provincia. I Polverino, storici alleati del cartello di Secondigliano, hanno usato Cassino come rifugio per latitanti: un reggente del clan fu catturato in un casolare della zona.

Accanto ai gruppi camorristici si muovono anche realtà autoctone come il clan Spada-Morelli, gruppo rom stanziato a Cassino, già colpito nel 2022 da un sequestro di beni da 1,5 milioni di euro. Nella loro “Piazza zia Maria”, in via Arigni, si smerciavano dosi a tutte le ore. Nel 2019, un’operazione dei carabinieri portò all’arresto di undici persone per spaccio, usura, estorsione e intestazione fittizia di beni.

Non solo camorra: la criminalità straniera

Sul versante estero, si segnala la crescita della criminalità albanese, molto attiva nel traffico di cocaina e marijuana, ma anche nell’usura e nelle estorsioni. L’operazione “Action” della Dia, nel 2023, ha individuato un sodalizio italo-albanese con ramificazioni nel Frusinate. Ad aprile 2025, la polizia ha sequestrato 10 kg di cocaina purissima nascosti in un’auto diretta a Cassino. Il conducente era un cittadino albanese.

La criminalità organizzata a Cassino non è un corpo estraneo. È dentro il tessuto urbano, economico e perfino istituzionale. I clan gestiscono lo spaccio, controllano esercizi commerciali, entrano negli appalti pubblici, investono nel gioco d’azzardo e nel ciclo dei rifiuti. Le loro operazioni passano spesso per professionisti “puliti”, prestanome e aziende insospettabili.

Chi, come Francesca Fresch, ha deciso di colpire i flussi economici e i sistemi di potere criminale, ha infranto l’equilibrio. E la risposta, brutale, è arrivata. Bruciare l’auto a una pm è un gesto che non si improvvisa. È una dichiarazione di guerra. Ma soprattutto, è un test. La criminalità ha voluto vedere fin dove può spingersi senza trovare ostacoli. Ora tocca allo Stato dimostrare che a Cassino esiste ancora una linea che non si può superare.