Controllare tutto, tutto. L’ossessione della maggioranza si abbatte questa volta su Lilli Gruber e la rete televisiva La7 e vede come protagonista Federico Mollicone (nella foto), presidente della Commissione Editoria e responsabile nazionale cultura e innovazione di Fratelli d’Italia. Due giorni fa Mollicone ha deciso di immolarsi contro l’opinione che Gruber aveva espresso durante la sua trasmissione Otto e mezzo dicendo a Francesco Specchia di Libero, riferendosi a un titolo apparso proprio sul suo giornale, che “non si può negare che in Italia ci sia una forte cultura patriarcale e che questa destra-destra al potere non la stia contrastando tanto”.
L’ossessione della maggioranza si abbatte questa volta su Lilli Gruber e La7 e vede come protagonista Federico Mollicone
In prima battuta era stata proprio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a rispondere molto risentita. Meloni ha pubblicato sui social una foto che la ritrae con la figlia piccola, Ginevra, la mamma e la nonna accusando la giornalista di La7 di “strumentalizzare anche le tragedie più orribili (nella trasmissione condotta da Gruber si parlava dell’omicidio di Giulia Cecchettin, ndr). “Ora la nuova bizzarra tesi sostenuta da Lilli Gruber nella sua trasmissione di ieri sera è che io sarei espressione di una cultura patriarcale”, ha detto Meloni.
Avrebbe potuto finire lì, con la solita distonia tra la capa del potere esecutivo di uno Stato che risponde a una giornalista additandola ai suoi seguaci ma al prode Mollicone evidentemente non bastava e per questo ha deciso di vergare un comunicato stampa in cui denunciava che “ogni giorno di più, la trasmissione Otto e mezzo dimostra l’assoluta mancanza di deontologia e pluralismo” e preannunciava di voler audire Lilli Gruber e Urbano Cairo (editore di La7) “essendo la Commissione editoria competente sui contenuti editoriali”.
Mollicone evidentemente deve essere un po’ confuso se pensa che spetti a una Commissione parlamentare sindacare sui contenuti editoriali di una trasmissioni e sulle libere opinioni di una giornalista. Roba da Minculpop di altri tempi. Così il giorno successivo Lilli Gruber è tornata sull’argomento con l’ex direttore de La Stampa Massimo Giannini che ha sottolineato come Mollicone sia lo stesso che in passato si era lamentato per i contenuti scomodi del cartone animato Peppa Pig: “Sono soddisfatto di Mollicone, passare da guardare Peppa Pig a guardare programmi di informazione importanti come questo è un segnale di emancipazione culturale”, ha detto il giornalista. Gruber in studio ha anche chiesto al giornalista Mario Sechi se gli sia mai capitato di essere convocato in Commissione editoria per i suoi titoli su Libero. Grasse risate di Sechi.
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Mollicone ieri non c’è stato e ha deciso di contrattaccare: “Il solito giornalismo a tesi… mi attaccano ancora una volta in contumacia senza diritto di replica. Una sorta di ‘fucilazione’ mediatica senza ultima sigaretta. – ha scritto su X il deputato di Fratelli d’Italia -. La solita storia di Peppa Pig… e della ideologia gender a bambini di 4 anni che pensate un po’ non era una mia idea, ma il codice etico e parental control che prevede il codice Rai per la tutela dei minori. Vi aspetto in audizione in Parlamento. Io dialogo, nonostante gli insulti e il vostro razzismo culturale. #pluralismo #libertà”.
A questo punto ormai lo scontro assume contorni comici: c’è un deputato che vorrebbe utilizzare una commissione parlamentare di cui è presidente per processare le libere opinioni di giornalisti che operano in una rete televisiva privata. Si tratta di un’intimidazione di Stato bella e buona ma Mollicone decide di usare gli hashtag #pluralismo #libertà” cianciando di “razzismo culturale”. Dalla distopia di questa destra per oggi è tutto.