Stretta sugli smartphone, dalle destre altra picconata alla lotta contro la mafia

Il procuratore nazionale antimafia Melillo boccia il ddl Zanettin sulla confisca degli smartphone: "Un danno alla lotta contro la mafia"

Stretta sugli smartphone, dalle destre altra picconata alla lotta contro la mafia

“Un impatto disastroso sulle indagini alla criminalità mafiosa”. È quello che, per il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo, avranno le modifiche al Codice di procedura penale in materia di sequestro di dispositivi, sistemi informatici o telematici o memorie digitali, contenute nel disegno di legge a firma del forzista Pierantonio Zanettin approdato alla Camera. Il testo, già approvato al Senato è ora in Commissione Giustizia.

Affossate le indagini sulla mafia

Ed è un vero colpo alle indagini per mafia, secondo Melillo, che audito in commissione non l’ha per niente nascosto. Anzi. Il rischio, ha sottolineato, è quello di “pericoloso arretramento dell’azione di contrasto alla criminalità mafiosa in spregio all’impegno prioritario di non indebolire gli strumenti investigativi utilizzabili per arginare la pericolosità di gruppi criminali”.

“Il ddl”, ha aggiunto Melillo, “costituisce una preoccupazione che riguarda anche la sorte delle indagini in materia di criminalità mafiosa, perché alcune soluzioni prefigurate nel testo approvato al Senato destano davvero allarme”, anche in termini di criminalità informatica legata alla sicurezza nazionale. “Tocca al Parlamento dire se il sacrificio di questa ‘prova’ (l’acquisizione dei dispositivi e sistemi, ndr) sia un sacrificio giustificato. Io credo di avere il dovere di dire che è un sacrificio obiettivamente irragionevole”.

Cosa prevede il ddl Zanettin

Ma cosa prevede il ddl? In pratica oggi il pm può estrarre i contenuti di un cellulare in autonomia, in base a un decreto motivato. Qualora dovesse essere approvato l’ennesimo freno agli investigatori, saranno necessarie due distinte e successive autorizzazioni del gip, una per il sequestro e un’altra per l’estrazione, entrambe impugnabili al Riesame e in Cassazione. Prevista anche un’udienza per la duplicazione dei contenuti, alla quale dovrebbero partecipare i legali e i consulenti di parte. Insomma, ciò che oggi avviene in poche ore, domani necessiterà di settimane.

L’Anm: a rischio anche le indagini su violenze domestiche e di genere

Ma non è tutto. Il testo, per il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) Cesare Parodi, avrebbe anche “un problema di carattere organizzativo: non vi è una norma finale che prevede un impegno di spesa a fronte di un’attività giudiziaria del pm, dell’ufficio gip di notifica e avvisi”.

Parodi ha poi sottolineato che ci sarebbe anche “una grave dimenticanza”, ossia il mancato richiamo alla norma sulle “intercettazioni informatiche e telematiche che riguarda un numero elevatissimo di reati commessi in rete, dove quindi la cosa fondamentale è data dai rapporti tra le parti, dai messaggi, dalle comunicazioni e dalla trasmissione di documenti: privare la possibilità di utilizzare questo tipo di comunicazioni vuol dire svuotare completamente un settore di tutela – i reati informatici o comunque quelli commessi in rete -, dove tutti questi elementi verrebbero persi. Mi chiedo se vuole veramente questo il legislatore o non vuole invece solo una garanzia, un vaglio di terzietà da parte del giudice”.

Inoltre sarebbero danneggiate le indagini anche sulle violenze di genere e domestiche, dove “l’acquisizione delle interlocuzioni tra la parti è fondamentale”. “Togliere la possibilità di utilizzare la prova di queste comunicazioni vuol dire abdicare alla possibilità di tutela per un settore vastissimo del diritto penale”, ha concluso Parodi.

Zanettin all’attacco di Melillo

Insomma, dalla magistratura è arrivato un vero e proprio grido d’allarme contro un testo irragionevole. Grido che però ha “sorpreso” l’autore del ddl, Zanettin, il quale non ha esitato a contrattaccare Melillo: “Resto sinceramente sorpreso dalle severe critiche espresse oggi dal procuratore nazionale antimafia”, ha detto. Aggiungendo che si tratta di critiche “infondate e pretestuose, che peraltro contrastano con tutto il percorso politico e di analisi in sede accademica che il disegno di legge ha svolto finora”.

Albamonte e Santalucia citati a sproposito

Per Zanettin, “la posizione di Melillo dimostra ancora una volta come certa cultura dell’antimafia rimanga refrattaria ai più elementari principi garantisti, su cui peraltro si è espressa con la sua autorevolezza anche la Corte costituzionale”. Infine il senatore ha ricordato che sul suo testo nel novembre scorso “si erano espressi in termini sostanzialmente positivi  Eugenio Albamonte e Giuseppe Santalucia, due illustrissimi magistrati già presidenti dell’Anm”.

La smentita

A stretto giro la smentita dell’ex presidente Anm Santalucia: “Io e il collega Albamonte non eravamo affatto favorevoli al testo del disegno di legge sul sequestro degli smartphone. Perciò resto sorpreso dalle dichiarazioni del senatore Zanettin. Ricordo invece che, ferma restante l’esigenza di una regolamentazione in materia, sia io che Albamonte facemmo critiche serrate a quel testo”.