Frode all’Ue da 5 milioni. Indagate VeronaFiere e l’Unione italiana vini

Frode Ue nel settore vitivinicolo, sequestrati oltre 2 milioni di euro. L'indagine riguarda finanziamenti diretti.

Frode all’Ue da 5 milioni. Indagate VeronaFiere e l’Unione italiana vini

Truffa aggravata per il conseguimento di finanziamenti dell’Unione europea. I finanzieri del Comando provinciale di Milano, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura europea (EPPO – European Public Prosecutor’s Office), hanno eseguito un sequestro da oltre 2 milioni di euro, disposto dal Gip di Verona, nei confronti di un’azienda leader nel settore vitivinicolo.

Frode Ue nel settore vitivinicolo, sequestrati oltre 2 milioni di euro. L’indagine riguarda finanziamenti diretti

L’operazione “In vino veritas”, che coinvolge complessivamente 3 persone fisiche e 2 società, riguarda “un’ipotesi di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di matrice unionale”, connesse alla partecipazione ad un bando europeo “per la promozione di prodotti agricoli, nel mercato interno e nei Paesi terzi”.

La frode ai danni dell’Unione europea riguarda l’ottenimento di un finanziamento diretto, pari ad oltre 5 milioni di euro, di cui 2 milioni circa già erogati, in due tranche una nel 2018 e una nel 2020.

Le indagini hanno evidenziato “la presenza di illeciti accordi tra la cooperativa (beneficiario-coordinator) ed il soggetto esecutore del progetto europeo (esecutore-implementing body), tesi a consentire al coordinator di vedersi riconosciuto un ingiusto profitto non contemplato dal progetto il quale, invero, prevedeva che il beneficiario avrebbe sostenuto il 20% dei costi dell’attività oggetto dei sussidi, non maturando quindi alcun guadagno”.

Il sistema fraudolento, secondo l’ipotesi investigativa, consisterebbe “nella pre-individuazione della società che avrebbe svolto il ruolo di implementing body la quale si sarebbe poi agevolmente aggiudicata la successiva procedura di selezione”.

Inoltre, le due società hanno anche stipulato un contratto di servizi denominato “Accordo Quadro”, apparentemente indipendente dal progetto ma in realtà destinato a dissimulare la retrocessione al coordinator del progetto, di un importo pari al 35% del costo ammissibile”.

In tal modo, le due imprese coinvolte nell’indagine avrebbero – secondo l’accusa – indotto in errore la competente Agenzia dell’Unione Europea, circa l’effettiva esistenza di un nesso strutturale e di un conflitto di interessi tra le parti, nonché sulla reale destinazione dei fondi erogati.