Gabriella Giammanco e le quote rosa

di Vittorio Pezzuto

«Silvio Berlusconi ha sempre dimostrato grande attenzione per la presenza della componente femminile nel partito e nelle istituzioni. Siamo sicure che anche in futuro Forza Italia continuerà ad avere una composizione di genere equilibrata». Non è quindi la sorte sua e delle sue colleghe a preoccupare la deputata azzurra Gabriella Giammanco, protagonista alla Camera della battaglia perduta per l’inserimento del vincolo delle quote rosa nella nuova legge elettorale. «Il premier Renzi ha lasciato intendere che si sia trattato di un’impuntatura per ottenere poltrone. Niente di più sbagliato e riduttivo. La nostra è una battaglia di civiltà per affermare un cambiamento culturale nel Paese. Non è un mistero che in Italia le donne abbiano enormi difficoltà a conciliare i tempi della famiglia con quelli del lavoro e che sono sotto-retribuite nelle loro occupazioni a parità di mansioni, merito e competenze. Le laureate a pieni voti hanno più difficoltà a trovare lavoro rispetto ai maschi e il tempo del loro precariato è più lungo. Ecco, se vuoi cambiare le cose devi partire dalle istituzioni, da interventi legislativi mirati, e solo un Parlamento con molte donne potrà dedicare attenzione a certi problemi, alla penuria di asili nido o a contratti di lavoro più favorevoli per le neomamme. Oppure pensate che a occuparsi di questi temi saranno gli uomini? Per questo dispiace il mancato sostegno di alcune nostre colleghe alla nostra iniziativa. Purtroppo capita spesso che tra donne non si riesca a far squadra, pregiudicando così il raggiungimento di certi traguardi».
Su questo e altri punti la spaccatura nel Pd è stata profonda. L’accordo sulla legge regge, ma a fatica.
«Se penso alle ironie che a sinistra sono state spese contro Berlusconi, accusandolo di essere un leader politico incapace di tener fede agli accordi…I fatti stanno invece dimostrando che i veri nemici di Renzi si trovano all’interno del suo stesso partito. Se, come temo, il percorso delle riforme sarà molto accidentato e incerto lo si dovrà esclusivamente all’inaffidabilità di gruppi parlamentari scelti dall’allora segretario Pier Luigi Bersani e che non hanno ancora digerito l’avvicendamento forzoso di Letta a palazzo Chigi. Molti di loro non rispondono a Renzi, intendono logorare il presidente del Consiglio e puntano a sabotare l’accordo con Forza Italia per far saltare il tavolo delle riforme. E non mi riferisco alle Rosy Bindi e ai Francesco Boccia, che si assumono la responsabilità di esprimere con chiarezza la loro contrarietà. Il vero pericolo arriva piuttosto da un centinaio di deputati che utilizzano il voto segreto per tentare di destabilizzare l’equilibrio faticosamente raggiunto».
Con queste premesse l’Italicum rischia seriamente di impantanarsi al Senato.
«In effetti a palazzo Madama i numeri sono meno certi e mettono a repentaglio tutto l’iter del provvedimento. Navigheremo a vista, sperando che il Pd dia prova di essere un partner ragionevole e affidabile. Noi la nostra parte l’abbiamo già fatta, ripiegando a malincuore su modifiche che non ci convincevano. Mi riferisco all’abbassamento della soglia di sbarramento (dal 5 al 4,5%) e all’aumento della soglia per ottenere al primo turno il premio di maggioranza (dal 35 al 37%)».
L’esame in seconda lettura potrebbe però servire a migliorare il testo su almeno due questioni: le multicandidature e il Mattarellum deciso per gli elettori del Trentino e della Valle d’Aosta.
«Personalmente concordo che consentire la presenza contemporanea di un candidato in addirittura 8 listini contraddica quanto si era promesso sulla possibilità per il cittadino di conoscere da vicino e scegliere il suo futuro deputato. In questo modo nessuno avrà infatti la sicurezza che il candidato in lista opterà, in caso di elezione, proprio per quel collegio. Purtroppo questa regola ci è stata imposta dai partiti più piccoli (Nuovo centrodestra e Scelta Civica), che volevano tutelare i propri leader con un paracadute a prova di bomba… Mi auguro anche che al Senato venga corretta questa anomalia del doppio sistema elettorale vigente sul territorio nazionale, il problema denunciato da Michaela Biancofiore è a serio rischio d’incostituzionalità e inoltre non permetterà di avere rappresentanti italiani in Alto Adige, che è a maggioranza tedesca».
Che impressione le fanno le reazioni dei colleghi del Pd («Basta con queste battute a fondo sessista!») a ogni osservazione critica nei confronti delle ministre Madia e Boschi? A suo tempo le ministre del Pdl hanno dovuto sopportare offese e apprezzamenti pesantissimi…
«Ci ricordiamo benissimo quanto per anni è stato detto e sussurrato contro molte di noi. Che dire? Il doppiopesismo e la morale a fasi alterne restano tipici di una sinistra che si reputa comunque più virtuosa dell’avversario politico e che ogni volta pretende di farti la morale…».
Due settimane sono sufficienti per formulare un primo giudizio sul governo Renzi?
«Forse no, anche se escludo che ci sia stata una chiara rottura rispetto al passato. Nove ministri su sedici facevano parte del governo Letta e la stessa proporzione è stata mantenuta anche per i sottosegretari. L’unico a cambiare è stato il presidente del Consiglio. Abbiamo insomma a che fare con un Letta-bis. Non capisco quindi in che modo si potranno dare le risposte nuove se i presupposti non sono cambiati: stessi problemi, stessi partiti di maggioranza, stesse persone. Cionondimeno mi auguro con tutto il cuore, da italiana prima ancora che da parlamentare, che la retorica del fare di Renzi venga sostituita al più presto dal fare. Il tempo degli annunci è davvero terminato».